While outside it's raining
Aug. 26th, 2011 05:22 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: While outside it’s raining
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: Atsuya Fubuki, Shirou Fubuki
Wordcount: 1141 (
fiumidiparole)
Prompt: 50 Places / 017. Portone (dietro/contro a) @
kinks_pervs
Note: AU, Lemon, Yaoi
La pioggia cadeva fitta ormai da mezz'ora. Il rombo dei tuoni squarciava il monotono scrosciare delle gocce di pioggia che cadono, mentre i lampi aprivano ferite luminescenti nel cielo grigio piombo.
«Perché ti sei dimenticato a casa l'ombrello?».
Atsuya Fubuki grondava acqua dai capelli - appiattiti e appiccicati al viso - e dai vestiti - fradici e aderenti al fisico, del quale risaltavano la forma.
Il suo sguardò s'inchiodò implacabile sul suo interlocutore, che gli camminava affianco.
«Mi spiace, nella fretta di uscire ho dimenticato di metterlo nella borsa».
La pioggia cadeva fitta ormai da mezz'ora. Il rombo dei tuoni squarciava il monotono scrosciare delle gocce di pioggia che cadono, mentre i lampi aprivano ferite luminescenti nel cielo grigio piombo.
«Perché ti sei dimenticato a casa l'ombrello?».
Atsuya Fubuki grondava acqua dai capelli - appiattiti e appiccicati al viso - e dai vestiti - fradici e aderenti al fisico, del quale risaltavano la forma.
Il suo sguardò s'inchiodò implacabile sul suo interlocutore, che gli camminava affianco.
«Mi spiace, nella fretta di uscire ho dimenticato di metterlo nella borsa» si scusò Shirou, guardando sconsolato il marciapiede.
Erano appena ritornati da un allenamento di calcio ed erano veramente stanchi - e, come se non bastasse, adesso erano pure bagnati.
«Però se tu fossi stato pronto prima...» aggiunse, lasciando intuire la fine della frase.
«Ah, adesso è colpa mia?!» s'indignò l’altro.
«Be'... in parte sì...» ammise Shirou.
Un tremito lo scosse da capo a piedi, mentre l'acqua gelata continuava a scrosciare su di loro.
Tutti e due non vedevano l'ora di arrivare a casa, al caldo e al riparo dalle intemperie.
Si fermarono davanti al portone del loro condominio.
Da quando erano diventati diciottenni, i due Fubuki avevano lasciato l'orfanotrofio e s'erano trasferiti in un appartamento in centro.
Atsuya prese la chiave dalla tasca dei pantaloni, la inserì nella toppa e la girò. La serratura scattò con un lieve rumore metallico ed il gemello “più giovane” l'aprì.
L'androne del palazzo era deserto ma tiepido. Entrando, i due avvertirono il caldo circondarli come un abbraccio rinvigorente per i loro muscoli intirizziti.
Fecero qualche passo all'interno, gocciolando copiosamente sul pavimento.
«Ah, è tutto da lavare...!» esclamò Shirou, guardandosi addosso contrariato.
«Ehi, Shirou...» lo chiamò Atsuya, rimasto dietro di lui, contemplando il suo fisico.
L'albino si girò indietro a guardare il gemello.
«Sì...?» domandò, ma non fece in tempo a rendersene conto che l’altro lo prese per un polso e lo avvicinò a sé, lasciando cadere sul pavimento la borsa fradicia.
Lo imprigionò tra le proprie braccia, costringendolo a guardarlo negli occhi.
«Atsuya, che cosa fai?!» esclamò, cercando di svincolarsi.
«Scaldiamoci un po' fratellone, mh...?» replicò, sorridendo di sghembo.
«Che... cosa vuoi fa...?!».
L'albino venne interrotto da un bacio appassionato che soffocò ogni sua altra affermazione.
Atsuya e Shirou, oltre ad essere legati dal classico amore fraterno, erano vincolati reciprocamente da un amore anche d'altro tipo.
Shirou cercò di opporgli resistenza, ma Atsuya era un gran baciatore e ben presto si abbandonò alla forza ardente e passionale delle sue labbra bagnate.
Quando si staccarono, l'albino indietreggiò di qualche passo e sbottò un inviperito: «Ma che vuoi fare?!».
La sua voce rimbombò nell'androne mentre il più giovane recuperava la distanza che li separava. Abilmente lo immobilizzò da dietro e, trattenendolo con un braccio, gli infilò una mano sotto la maglia della tuta, accarezzandogli il torso umido.
«Cosa... cosa diavolo stai facendo?!» continuò a chiedere il più grande, allarmato.
«Abbassa il tono, o vuoi che accorra tutto il condominio?» gli sussurrò all'orecchio il più giovane, scendendo a toccare il cavallo dei suoi pantaloni.
Shirou ammutolì: che cosa avrebbero detto i condomini se li avessero colti in quel momento?
Non osava neppure immaginarlo.
«Dai, Shirou, divertiamoci un po'» disse l’altro, in un tono che lasciava presupporre cose che la maggior parte delle persone non avrebbe voluto sapere.
«Qui...? Adesso...?» domandò, ma Atsuya aveva già messo le mani nei suoi pantaloni. Le sue dita erano sul suo sesso e lo sfioravano delicatamente, in preparazione a ciò che sarebbe venuto.
Le sue dita giocherellavano con lui, stuzzicandolo. Quando si trattava di certe cose, Atsuya era anche troppo bravo.
«No, aspetta...!» cercò di opporsi l'albino, la voce già incerta e languida, altalenante.
«Cosa, fratellone?» disse l'altro, mentre con la mano procedeva ad un ritmo più serrato, eccitandolo «Non lo vuoi...? Consideralo il prezzo da pagare per esserti dimenticato l'ombrello...».
Shirou cominciava a respirare affannosamente e a non riuscire più a pensare in modo coerente.
Sapeva che farlo lì era un rischio, ma una parte di sé - quella che stava prendendo il sopravvento - se ne infischiava del rischio d'essere scoperti e voleva farlo lì, adesso.
Atsuya era bravo quando c'era da convincerlo a fare qualcosa.
Alla fine, Shirou cedette: con un debole cenno di diniego, piegò la testa all'indietro e sospirò.
«Sì, voglio... ora».
Atsuya sorrise trionfante col suo solito sprezzo, mentre tirava fuori la mano dai suoi pantaloni e lo voltava di nuovo verso di sé.
Si baciarono con forza, in modo indecente, mentre il più piccolo spingeva, facendo arretrare l'altro verso il portone.
Shirou gli carezzava la tuta bagnata mentre il bacio si faceva più profondo e la sua lingua penetrava tra le sue labbra.
Quando sbatterono debolmente contro il portone, questo cigolò e si chiuse definitivamente.
Le loro bocche si separarono ed Atsuya afferrò i polsi dell'altro, portandoli sopra la sua testa, immobilizzandoli, poi con la mano libera si abbassò i pantaloni.
Girò Shirou in modo che il suo petto premesse contro la superficie del portone, quindi abbassò anche i suoi pantaloni.
Atsuya era impaziente: il corpo del fratello l'attirava come una calamita. Non aveva voglia di iniziare coi preliminari, così arrivò dritto al sodo ed entrò nell'albino.
Shirou strinse le labbra per non farsi sfuggire neppure un gemito. Lo faceva sempre, anche se ad un certo punto capitolava: suo fratello si dava un sacco di arie se gli dava la soddisfazione di sentirlo gemere.
Atsuya cominciò a spingere con veemenza col bacino, penetrando sempre di più. Il piacere si diffuse nel corpo dell'albino ad ondate consequenziali, spinta dopo spinta, fino alle estremità.
I vetri del portone erano freddi sotto la guancia di Shirou, il quale ad occhi chiusi cercava di rispondere come meglio poteva alle spinte sempre più forti dell'altro.
L'orgasmo s'avvicinava sempre di più, momento dopo momento: il suo sesso era ormai dolorosamente eretto.
Dovette infilare una mano nei suoi pantaloni e dare un po' di sollievo alla sua erezione.
Il rosso aderì alla sua schiena e gli leccò un lobo, mordicchiandolo scherzosamente ed in modo provocante.
Shirou piegò la testa dal suo lato, infastidito dal solletico.
Con una spinta più forte delle precedenti, Atsuya riuscì a farlo venire: lo sperma dell'albino macchiò la sua stessa mano. Un brivido gli percorse la schiena e lui si lasciò scappare un debole ansimo.
«Sentirti ansimare significa che sono riuscito nel mio intento...» gli bisbigliò all'orecchio il più giovane, soddisfatto e fiero.
Spinse un'altra volta e venne anche lui, dentro il gemello più grande.
Un gemito acuto proruppe stavolta dalle labbra di quest'ultimo.
«È un peccato che ti imponi sempre di non fare un fiato: sei così... appagante quando gemi ed ansimi...» gli disse Atsuya, uscendo da lui.
Shirou respirò affannosamente per qualche istante, cercando di calmare il battito, prima di parlare: «Se lo facessi... ti monteresti troppo... la testa...».
«Non preoccuparti, anche senza conferme da parte tua so di cavarmela discretamente bene in questo genere di frangenti...» replicò a tono Atsuya, mentre si piegava a riprendere la sua borsa.
Si era risistemato i pantaloni mentre parlava e adesso sembrava intenzionato ad andare.
«Andiamo, non vedo l'ora di farmi una bella doccia...!» esclamò, avviandosi per le scale.
Shirou si diede una mossa a sistemarsi e riprese la sua borsa.
«Aspettami, Atsuya!» esclamò, correndogli appresso.
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: Atsuya Fubuki, Shirou Fubuki
Wordcount: 1141 (
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Prompt: 50 Places / 017. Portone (dietro/contro a) @
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Note: AU, Lemon, Yaoi
La pioggia cadeva fitta ormai da mezz'ora. Il rombo dei tuoni squarciava il monotono scrosciare delle gocce di pioggia che cadono, mentre i lampi aprivano ferite luminescenti nel cielo grigio piombo.
«Perché ti sei dimenticato a casa l'ombrello?».
Atsuya Fubuki grondava acqua dai capelli - appiattiti e appiccicati al viso - e dai vestiti - fradici e aderenti al fisico, del quale risaltavano la forma.
Il suo sguardò s'inchiodò implacabile sul suo interlocutore, che gli camminava affianco.
«Mi spiace, nella fretta di uscire ho dimenticato di metterlo nella borsa».
La pioggia cadeva fitta ormai da mezz'ora. Il rombo dei tuoni squarciava il monotono scrosciare delle gocce di pioggia che cadono, mentre i lampi aprivano ferite luminescenti nel cielo grigio piombo.
«Perché ti sei dimenticato a casa l'ombrello?».
Atsuya Fubuki grondava acqua dai capelli - appiattiti e appiccicati al viso - e dai vestiti - fradici e aderenti al fisico, del quale risaltavano la forma.
Il suo sguardò s'inchiodò implacabile sul suo interlocutore, che gli camminava affianco.
«Mi spiace, nella fretta di uscire ho dimenticato di metterlo nella borsa» si scusò Shirou, guardando sconsolato il marciapiede.
Erano appena ritornati da un allenamento di calcio ed erano veramente stanchi - e, come se non bastasse, adesso erano pure bagnati.
«Però se tu fossi stato pronto prima...» aggiunse, lasciando intuire la fine della frase.
«Ah, adesso è colpa mia?!» s'indignò l’altro.
«Be'... in parte sì...» ammise Shirou.
Un tremito lo scosse da capo a piedi, mentre l'acqua gelata continuava a scrosciare su di loro.
Tutti e due non vedevano l'ora di arrivare a casa, al caldo e al riparo dalle intemperie.
Si fermarono davanti al portone del loro condominio.
Da quando erano diventati diciottenni, i due Fubuki avevano lasciato l'orfanotrofio e s'erano trasferiti in un appartamento in centro.
Atsuya prese la chiave dalla tasca dei pantaloni, la inserì nella toppa e la girò. La serratura scattò con un lieve rumore metallico ed il gemello “più giovane” l'aprì.
L'androne del palazzo era deserto ma tiepido. Entrando, i due avvertirono il caldo circondarli come un abbraccio rinvigorente per i loro muscoli intirizziti.
Fecero qualche passo all'interno, gocciolando copiosamente sul pavimento.
«Ah, è tutto da lavare...!» esclamò Shirou, guardandosi addosso contrariato.
«Ehi, Shirou...» lo chiamò Atsuya, rimasto dietro di lui, contemplando il suo fisico.
L'albino si girò indietro a guardare il gemello.
«Sì...?» domandò, ma non fece in tempo a rendersene conto che l’altro lo prese per un polso e lo avvicinò a sé, lasciando cadere sul pavimento la borsa fradicia.
Lo imprigionò tra le proprie braccia, costringendolo a guardarlo negli occhi.
«Atsuya, che cosa fai?!» esclamò, cercando di svincolarsi.
«Scaldiamoci un po' fratellone, mh...?» replicò, sorridendo di sghembo.
«Che... cosa vuoi fa...?!».
L'albino venne interrotto da un bacio appassionato che soffocò ogni sua altra affermazione.
Atsuya e Shirou, oltre ad essere legati dal classico amore fraterno, erano vincolati reciprocamente da un amore anche d'altro tipo.
Shirou cercò di opporgli resistenza, ma Atsuya era un gran baciatore e ben presto si abbandonò alla forza ardente e passionale delle sue labbra bagnate.
Quando si staccarono, l'albino indietreggiò di qualche passo e sbottò un inviperito: «Ma che vuoi fare?!».
La sua voce rimbombò nell'androne mentre il più giovane recuperava la distanza che li separava. Abilmente lo immobilizzò da dietro e, trattenendolo con un braccio, gli infilò una mano sotto la maglia della tuta, accarezzandogli il torso umido.
«Cosa... cosa diavolo stai facendo?!» continuò a chiedere il più grande, allarmato.
«Abbassa il tono, o vuoi che accorra tutto il condominio?» gli sussurrò all'orecchio il più giovane, scendendo a toccare il cavallo dei suoi pantaloni.
Shirou ammutolì: che cosa avrebbero detto i condomini se li avessero colti in quel momento?
Non osava neppure immaginarlo.
«Dai, Shirou, divertiamoci un po'» disse l’altro, in un tono che lasciava presupporre cose che la maggior parte delle persone non avrebbe voluto sapere.
«Qui...? Adesso...?» domandò, ma Atsuya aveva già messo le mani nei suoi pantaloni. Le sue dita erano sul suo sesso e lo sfioravano delicatamente, in preparazione a ciò che sarebbe venuto.
Le sue dita giocherellavano con lui, stuzzicandolo. Quando si trattava di certe cose, Atsuya era anche troppo bravo.
«No, aspetta...!» cercò di opporsi l'albino, la voce già incerta e languida, altalenante.
«Cosa, fratellone?» disse l'altro, mentre con la mano procedeva ad un ritmo più serrato, eccitandolo «Non lo vuoi...? Consideralo il prezzo da pagare per esserti dimenticato l'ombrello...».
Shirou cominciava a respirare affannosamente e a non riuscire più a pensare in modo coerente.
Sapeva che farlo lì era un rischio, ma una parte di sé - quella che stava prendendo il sopravvento - se ne infischiava del rischio d'essere scoperti e voleva farlo lì, adesso.
Atsuya era bravo quando c'era da convincerlo a fare qualcosa.
Alla fine, Shirou cedette: con un debole cenno di diniego, piegò la testa all'indietro e sospirò.
«Sì, voglio... ora».
Atsuya sorrise trionfante col suo solito sprezzo, mentre tirava fuori la mano dai suoi pantaloni e lo voltava di nuovo verso di sé.
Si baciarono con forza, in modo indecente, mentre il più piccolo spingeva, facendo arretrare l'altro verso il portone.
Shirou gli carezzava la tuta bagnata mentre il bacio si faceva più profondo e la sua lingua penetrava tra le sue labbra.
Quando sbatterono debolmente contro il portone, questo cigolò e si chiuse definitivamente.
Le loro bocche si separarono ed Atsuya afferrò i polsi dell'altro, portandoli sopra la sua testa, immobilizzandoli, poi con la mano libera si abbassò i pantaloni.
Girò Shirou in modo che il suo petto premesse contro la superficie del portone, quindi abbassò anche i suoi pantaloni.
Atsuya era impaziente: il corpo del fratello l'attirava come una calamita. Non aveva voglia di iniziare coi preliminari, così arrivò dritto al sodo ed entrò nell'albino.
Shirou strinse le labbra per non farsi sfuggire neppure un gemito. Lo faceva sempre, anche se ad un certo punto capitolava: suo fratello si dava un sacco di arie se gli dava la soddisfazione di sentirlo gemere.
Atsuya cominciò a spingere con veemenza col bacino, penetrando sempre di più. Il piacere si diffuse nel corpo dell'albino ad ondate consequenziali, spinta dopo spinta, fino alle estremità.
I vetri del portone erano freddi sotto la guancia di Shirou, il quale ad occhi chiusi cercava di rispondere come meglio poteva alle spinte sempre più forti dell'altro.
L'orgasmo s'avvicinava sempre di più, momento dopo momento: il suo sesso era ormai dolorosamente eretto.
Dovette infilare una mano nei suoi pantaloni e dare un po' di sollievo alla sua erezione.
Il rosso aderì alla sua schiena e gli leccò un lobo, mordicchiandolo scherzosamente ed in modo provocante.
Shirou piegò la testa dal suo lato, infastidito dal solletico.
Con una spinta più forte delle precedenti, Atsuya riuscì a farlo venire: lo sperma dell'albino macchiò la sua stessa mano. Un brivido gli percorse la schiena e lui si lasciò scappare un debole ansimo.
«Sentirti ansimare significa che sono riuscito nel mio intento...» gli bisbigliò all'orecchio il più giovane, soddisfatto e fiero.
Spinse un'altra volta e venne anche lui, dentro il gemello più grande.
Un gemito acuto proruppe stavolta dalle labbra di quest'ultimo.
«È un peccato che ti imponi sempre di non fare un fiato: sei così... appagante quando gemi ed ansimi...» gli disse Atsuya, uscendo da lui.
Shirou respirò affannosamente per qualche istante, cercando di calmare il battito, prima di parlare: «Se lo facessi... ti monteresti troppo... la testa...».
«Non preoccuparti, anche senza conferme da parte tua so di cavarmela discretamente bene in questo genere di frangenti...» replicò a tono Atsuya, mentre si piegava a riprendere la sua borsa.
Si era risistemato i pantaloni mentre parlava e adesso sembrava intenzionato ad andare.
«Andiamo, non vedo l'ora di farmi una bella doccia...!» esclamò, avviandosi per le scale.
Shirou si diede una mossa a sistemarsi e riprese la sua borsa.
«Aspettami, Atsuya!» esclamò, correndogli appresso.