fiamma_drakon: (Neuro_Nōgami)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Odiata interruzione
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sovrannaturale
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo (Spagna), Francis Bonnefoy (Francia), Gilbert Beilschmidt (Prussia)
Wordcount: 1506 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: Celestian Sunshine / #08 - Luce del sole @ [livejournal.com profile] diecielode + 67. Vampiri della mia tabellina @ [livejournal.com profile] auverse
Note: vaghi accenni Het, Linguaggio, Vampire!AU
Prussia aveva la pelle delle mani ustionata ed il suo sontuoso completo nero era bruciacchiato dalle spalle in giù, anche se le braccia diafane erano soltanto leggermente arrossate e non scorticate a sangue come le estremità.
Il mantello gli svolazzava sulla schiena e attorno ai piedi in un fluire suggestivo di pieghe di velluto nero.
I canini aguzzi che facevano capolino dalle sue labbra avevano le punte sporche di sangue ancora fresco, segno che aveva appena mangiato.
«Prussia aspetta! Ahio...».
Spagna fece capolino all'interno del castello assieme a Francia e non persero tempo ad entrare e richiudersi alle spalle il portone.


«Porca puttana che male!» imprecò con voce tonante Gilbert Beilschmidt, aprendo i battenti del portone d'ingresso del castello con tale grazia che poco mancò si frantumassero in un milione di schegge di legno.
La sua voce riecheggiò lugubre nel grande atrio in pietra assieme allo sbattere poderoso del portone. Seguirono i suoi passi di marcia, lunghi e calibratamente pesanti. Sembrava quasi che l'andatura fosse stata studiata per sottolineare nel modo più esplicativo possibile quanto fosse infuriato.
Prussia aveva la pelle delle mani ustionata ed il suo sontuoso completo nero era bruciacchiato dalle spalle in giù, anche se le braccia diafane erano soltanto leggermente arrossate e non scorticate a sangue come le estremità.
Il mantello gli svolazzava sulla schiena e attorno ai piedi in un fluire suggestivo di pieghe di velluto nero.
I canini aguzzi che facevano capolino dalle sue labbra avevano le punte sporche di sangue ancora fresco, segno che aveva appena mangiato.
«Prussia aspetta! Ahio...».
Spagna fece capolino all'interno del castello assieme a Francia e non persero tempo ad entrare e richiudersi alle spalle il portone.
Quest'ultimo avanzò nell'atrio con il fiato corto e zoppicando, la scarpa sinistra bruciata fino a lasciare il piede scoperto, con la pelle mezza scorticata.
Al suo fianco procedeva con altrettanta lentezza Antonio, una mano che si teneva l'inguine e l'espressione esplicitamente dolorante.
I due seguirono il compagno all'interno dell'andito principale, diretti verso le scale che si trovavano in fondo e che portavano alla stanza sotterranea dove si trovavano le loro bare.
«Non è possibile, cazzo! C'è un po' d'acqua, qui?!» sentirono urlare al Beilschmidt, che era già evidentemente sceso.
«Ouh, ho bisogno anch'io di un po' d'acqua...» disse Francia, appoggiandosi con una mano contro la parete mentre scendeva le scale. Gli ci mancava solamente di cadere sopra il piede ferito.
«Io di ghiaccio...» borbottò Antonio, fermandosi e tornando indietro, dirigendosi verso la stanzetta che fungeva da cucina - una stanza di poca importanza data la loro dieta strettamente a base di liquidi che utilizzavano invece per conservare acqua, ghiaccio, legname per il caminetto e simili.
Il Bonnefoy proseguì, scendendo cautamente le scale.
Udì un tonfo echeggiare come un boato su per la tromba della scala e poté giurare di riconoscerlo come il rumore di un coperchio di bara caduto.
«Cazzo, dannato coperchio...!» imprecò di nuovo a voce alta Gilbert.
«Puoi smettere di parlare in modo così volgare? Abbi perlomeno un po' di decenza, per l'amor del cielo!!» gli abbaiò contro Francis, intollerante nei confronti di una dose così concentrata di turpiloquio tutta assieme «Il sole ci ha presi alla sprovvista tutti e tre, d'accordo?! Siamo malconci e stanchi e non ho intenzione di sentirti bestemmiare e imprecare fino al prossimo tramonto!» continuò a brontolare.
Mise male il piede scorticato sul gradino successivo e perse l'equilibrio, scivolando all'indietro ed atterrando pesantemente col sedere sul margine di uno scalino superiore.
Si rialzò senza emettere niente più di un mugolio di sofferenza e riprese la sua lenta discesa.
Nel frattempo, Fernandez era riuscito a trovare del ghiaccio e l'aveva avvolto in fretta in una pezza di stoffa rimediata per pura fortuna dalla cesta degli abiti lacerati, quindi aveva imboccato nuovamente la strada per il sotterraneo.
Stavolta camminava un poco più spedito, ma soltanto perché era allettato dalla prospettiva dell'impacco che si sarebbe potuto fare una volta accomodatosi nella sua bara e che avrebbe certamente alleviato il dolore ai suoi preziosi attributi.
Arrivato alle scale, le discese con quanta più rapidità possibile, giungendo finalmente in quella che loro consideravano una "camera da letto".
Francia e Prussia, mentre lui era di sopra, avevano provveduto a spogliarsi e a sedersi su due delle tre poltrone situate in un angolo. Il biondo aveva i piedi immersi in una bacinella d'acqua, l'espressione finalmente serena e l'albino aveva riservato un trattamento simile alla sua mano destra.
Spagna si spogliò anche lui e decise di rimandare il sonnellino diurno e sedersi assieme agli altri due a medicare le ferite.
Fu un po' difficile riuscire a togliersi i vestiti con il pacco di ghiaccio in mano, ma ci riuscì comunque.
Una volta seduto, Fernandez divaricò le gambe e si appoggiò il ghiaccio sul membro.
«Aawwh...!» sussurrò piacevolmente, abbandonandosi esausto sulla poltrona, lasciando che il sollievo lo pervadesse. Se avesse potuto, in quel momento sarebbe arrossito fino alla punta dei capelli.
«Perché il sole doveva arrivare proprio ora?!» si lamentò il Bonnefoy, esasperato.
«Stanotte siamo usciti troppo tardi...» osservò il Carriedo mestamente «Dovevamo svegliarci prima...».
«Ma proprio a metà del pasto, ca...» Prussia venne interrotto da un'occhiataccia da parte di Francia che lo convinse a correggere tempestivamente la fine del discorso: «... maledetto sole!».
In effetti, erano andati in città a mezzanotte anziché poco dopo il tramonto del sole ed avevano perso un po' di tempo a cercare un postribolo abbastanza grande da permetter loro di avere una camera ciascuno per soddisfare i loro desideri e la loro sete con comodo ed in assoluta tranquillità. Peccato che tutti e tre avessero temporeggiato in giochetti sessuali - che tra l'altro avevano trovato estremamente piacevoli - lasciando alla fine il pasto, nel momento in cui sia loro che le loro partner erano più eccitati. Ed era stato proprio nel momento in cui stavano banchettando che i primi raggi dell'alba avevano ferito le tende e li avevano colpiti - ognuno in punti differenti a seconda della locazione della stanza e della finestra.
A quel punto avevano interrotto bruscamente il pasto e, mezzi bruciacchiati, avevano fatto ritorno in fretta e furia al loro castello nascondendosi in ogni stradicciola ed ogni anfratto che offriva loro riparo dal sole nascente.
Era stata un'esperienza terribile che li aveva stremati e adesso erano esausti.
Prussia si leccò la punta dei canini con desiderio: aveva appena avuto il tempo di dare una minuscola succhiatina al sangue della sua prostituta ed era veramente assetato.
«Non abbiamo del sangue di riserva? Quello che teniamo per i ricevimenti...?» domandò in tono quasi supplicante, osservando mogio il pavimento sotto i suoi piedi in cerca di un movimento impercettibile.
Non voleva farlo, ma se fosse stato costretto dal bisogno avrebbe agguantato un ratto e l'avrebbe dissanguato. Era una cosa disgustosa che una volta, in viaggio, aveva fatto e che si era ripromesso di non fare mai più... però aveva veramente tanta sete ed era meglio cacciare degli innocui topi che i gatti randagi.
Francia si prese un momento per rifletterci su, ma prima che potesse dire qualcosa intervenne Spagna: «Non ricordi? All'ultima festa che abbiamo dato tu e tuo fratello avete finito le scorte rimaste in quella sfida di resistenza...».
Francis annuì con un vigoroso cenno del capo: «Ed il carico che abbiamo ordinato non è ancora arrivato...» soggiunse.
Il Beilschmidt si maledisse mentalmente, abbandonandosi contro lo schienale.
«Maledizione, ho sete...» sibilò a denti stretti.
«Non sei l'unico, credimi» disse Antonio, sistemandosi meglio il ghiaccio sulle parti basse.
Il francese sollevò il piede ferito dalla bacinella, lo esaminò per qualche attimo, poi lo rituffò nell'acqua con un movimento lento.
«Si sta rimarginando...» comunicò, sollevato: non aveva intenzione di perdere l'uso di un piede soltanto per uno stupido incidente con la luce del sole.
Anche il prussiano sollevò la mano ustionata per controllarla, mentre lo spagnolo dava una sbirciatina nelle sue mutande. Entrambi constatarono con un subitaneo moto di sollievo che effettivamente il compagno aveva ragione: le scorticazioni dovute alle bruciature del sole si stavano rimarginando, anche se ad un ritmo vergognosamente lento. Di solito le loro ferite erano molto più rapide a scomparire, ma probabilmente la scarsa velocità era dovuta alla fonte della bruciatura.
«Di questo passo ci impiegheremo dei giorni a guarire...» disse Gilbert.
«E io come faccio ad andare a nutrirmi nei bordelli in questo stato?» piagnucolò Fernandez, che però venne ignorato.
«Magari se dormiamo si rimargineranno un pochino più in fretta, dato che non facciamo niente» propose Francis, alzandosi in piedi ed estraendo l'estremità della gamba sinistra dalla bacinella.
«Concordo, anche perché così smetterò di sentire tutta questa sete, almeno temporaneamente...» asserì il Beilschmidt, sollevandosi a propria volta.
I due scrutarono il terzo compagno in attesa di una sua decisione.
Quest'ultimo rimase seduto ancora un momento, quindi si fece forza e, tolto il ghiaccio, si mise anche lui in piedi.
«Se andate tutti e due a dormire allora vengo anche io: stare sveglio da solo è noioso» disse «Però stanotte dobbiamo svegliarci prima, altrimenti non ce la faremo a bere, di nuovo...» soggiunse mentre si dirigeva verso la sua bara, riconoscibile dal coperchio in legno rossiccio levigato con cura.
«Ovviamente, figurarsi se riesco a dormire troppo con la sete che ho» ironizzò Prussia, avvicendandosi alla sua bara già mezza aperta, nera come la pece e parecchio grossa - era un vampiro di notevole statura, esattamente come suo fratello Germania.
«E se non riuscite a svegliarvi non ti preoccupare, ci penso io» disse il Bonnefoy, sorridendo in maniera da lasciar vedere i canini mentre sollevava con nonchalance il coperchio candidamente bianco della sua cassa da morto e si sedeva sul bordo per lasciarsi scivolare all'interno.
«Pensa per te piuttosto!» sbottarono ad una voce sola gli altri due, infilandosi dentro le loro bare.
Si coricarono supini, sistemandosi con la stessa cura con cui si posizionava un cadavere, anche se loro erano in mutande e non vestiti di tutto punto.
Caddero addormentati nel giro di pochi secondi, in attesa della notte seguente, augurandosi di consumare un pasto decisamente più abbondante.

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