Cercando di rimediare
Aug. 19th, 2012 02:15 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Cercando di rimediare
Rating: Verde
Genere: Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Arthur Kirkland (Inghilterra), Francis Bonnefoy (Francia)
Wordcount: 1277 (
fiumidiparole)
Prompt: 08. Pure Peppermint @
12_teas + Mal di pancia di
perlinha per la Notte Bianca VI @
maridichallenge
Note: Linguaggio, Shonen-ai
«Francia...?».
Inghilterra fece timidamente capolino alla porta della camera da letto che divideva con Francis, sbirciando nella direzione del letto.
Nel vedere una collinetta sotto le coperte tirò un sospiro di sollievo: il suo compagno era a letto, per fortuna, e non di nuovo in bagno.
«Francia...?».
Inghilterra fece timidamente capolino alla porta della camera da letto che divideva con Francis, sbirciando nella direzione del letto.
Nel vedere una collinetta sotto le coperte tirò un sospiro di sollievo: il suo compagno era a letto, per fortuna, e non di nuovo in bagno - aveva perso il conto ormai di quante volte ci fosse andato nel corso della notte appena trascorsa.
La sua presenza in camera avrebbe reso senz'altro un po' meno difficile all'inglese affrontare ciò che stava per fare. Si sarebbe perlomeno risparmiato di aspettarlo pazientemente e poi dover spiegare il perché della sua "visita".
L'assenza di una risposta al richiamo iniziale fece tuttavia temere ad Arthur che Francis si fosse addormentato; così varcò la soglia con passo timido ed incerto, tenendo però ben stretti i manici del vassoio d'argento che stava trasportando.
Avvertì un rossore improvviso aggredirgli le guance e tentò di farlo sparire pensando a centinaia di altre cose, ma fu tutto inutile: il suo cervello riusciva a pensare solamente a quel che stava per fare.
«Devo stare calmo. N-non è niente di particolare...» si disse, cercando disperatamente di convincersi che fosse vero.
Si accostò al letto e chiamò, a mezza voce, cercando di essere il più delicato possibile: «Francia? Ehi, Francia...! Svegliati!».
«Guarda che sono perfettamente sveglio, imbecille col cervello annaffiato di thé!» fu la candida replica che ricevette dal francese, che sollevò leggermente la testa dal cuscino per fissarlo con un misto d'odio e sofferenza «E come farei poi a dormire con questo stramaledettissimo mal di pancia...!» soggiunse disperato, lasciando ricadere sul cuscino il capo.
Inghilterra deglutì a vuoto, colpito dalle parole del suo compagno come da una pugnalata nello stomaco: Francia aveva iniziato ad avere mal di pancia la sera precedente, subito dopo cena. Non ci sarebbe stato niente per cui odiare o covare rancore nei confronti dell'inglese... se solo non fosse stato lui a preparare la cena dopo aver insistito tutto il pomeriggio perché l'altro gli accordasse il permesso. Il britannico, però, era stato mosso da nobili sentimenti: aveva voluto essere lui a preparare a cena per il loro primo mese di convivenza e di... rapporto sentimentale.
«C-che bel modo di accogliermi! Sono venuto a vedere come stai, ma evidentemente ho sbagliato...!» disse indignato il Kirkland, facendo la linguaccia al Bonnefoy, il quale divenne paonazzo per l'irritazione.
«Hai attentato alla mia vita con quella... quella cosa che mi hai propinato ieri sera spacciandola per "roast beef"!» sbottò il francese irritato, piegandosi improvvisamente su se stesso «E adesso pretendi pure che ti accolga al mio capezzale con baci e abbracci?! Scordat-uh... che dolore...!».
Il britannico rimase palesemente spiazzato dalla freddezza del coinquilino nei suoi confronti, così in contrasto con il suo comportamento consueto.
Per una volta che si preoccupava per le sue condizioni di salute lui lo trattava malissimo. Sarebbe stata decisamente meglio una bella coltellata a tradimento in pieno stomaco.
«Per quel che mi riguarda puoi anche tornare in soggiorno a leggere i tuoi stupidi libri di magia...!».
Scocciato da quell'atteggiamento del tutto indisponente, il britannico sbatté con forza il vassoio sul comò. Tazzine, porta zucchero, piattini, cucchiaini e teiera sobbalzarono provocando un gran fracasso di porcellana sbattuta.
Francis schizzò seduto per lo spavento.
«Ma sei scemo? Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò, scioccato.
«Ascoltami bene, fottuto vinofilo mangialumache che non sei altro! Ho fatto un casino ieri sera per cena, okay? Oramai ne sono consapevole, però sto cercando di prendermi anche cura di te, cazzo! Quindi smettila di fare il bambino!» esplose Arthur, senza riuscire a trattenersi oltre.
Francia lo fissò a bocca aperta: con lui non aveva mai messo così tante parole in fila, offensive o meno che fossero. Di solito lasciava che i fatti parlassero al posto suo, timoroso com'era di lasciar trasparire il suo lato tenero.
Il Bonnefoy trovò quantomeno sensato quel che l'altro aveva appena detto: il fatto che fosse lì e che non fosse uscito mandandolo a quel paese alla prima parola poco garbata che gli era stata rivolta era la prova che si stava veramente preoccupando di come stava.
Il Kirkland dovette ammettere che dopo quello sfogo decisamente poco gentile ed educato si sentiva molto più a proprio agio. Forse aveva appena dato un po' di sfogo al suo stress represso.
«Oh, sei improvvisamente diventato una mamma chioccia?» chiese il Bonnefoy sorridendogli di sghembo con aria di scherno.
Ecco, adesso riconosceva il vero Francia...! Era di quel pervertito, odioso e romantico francesino che si era alla fin fine innamorato, dopo secoli di guerre, discussioni, dispetti. Adesso era tutto esattamente come doveva essere.
«Puoi sfottermi quanto ti pare, sai? Tanto sono io quello che può mandarti all'altro mondo soltanto piazzandosi davanti ai fornelli...».
Quell'affermazione fece gelare il sangue nelle vene del francese, specialmente per il candido tono utilizzato dall'inglese, il quale aveva compreso di avere dalla parte del manico un'arma decisamente letale e persuasiva ed era intenzionato a sfruttarla in ogni occasione si fosse resa necessaria.
Fu solo in quel momento che il francese notò il servizio da thé e la teiera fumante portati dal compagno.
«Che c'è lì dentro...?» osò domandare, fissando preoccupato le fitte volute di vapore che fuoriuscivano dalla teiera. E se avesse inavvertitamente creato un'arma chimica...?
«Pure Peppermint» rispose Arthur in perfetto accento inglese ed in tono orgoglioso.
«E c-che cos'è?» lo incalzò Francis, impaurito: il suo stomaco sottosopra era già abbastanza da sopportare senza che ci si mettesse qualche altra porcheria a peggiorare ulteriormente la situazione.
«Thé. Che cosa credevi che fosse, scusa...?» replicò il Kirkland, inarcando un folto sopracciglio.
Il Bonnefoy avrebbe voluto rispondere "veleno", ma decise di tenere quella risposta per sé e disse: «Niente, volevo solo essere sicuro...».
«È alla menta piperita» spiegò Inghilterra, le guance che improvvisamente cominciavano ad ardere di nuovo «Pensavo che il thé normale non ti sarebbe piaciuto... e-e così ne ho preparato uno con un gusto un po' più... forte».
Il thé non era proprio il massimo come tema con cui fare del sentimentalismo, ma lui era comunque agitatissimo: non gli capitava spesso di comportarsi così da gentiluomo con Francia. Tutti quei riguardi nei suoi confronti li trovava giusti in fondo, ma una parte di sé li considerava totalmente fuori luogo proprio a causa del destinatario.
Con mano appena tremante l'inglese versò il contenuto della teiera in una tazzina e vi aggiunse una zolletta di zucchero, porgendo poi la chicchera all'ammalato.
Quest'ultimo l'accettò con un po' di timore.
«Sicuro che si possa bere?» chiese.
«Ti sembro forse America?!» abbaiò l'inglese alla sprovvista, offeso «Preparo il thé delle cinque ogni giorno, è impensabile che possa essere cattivo!».
«In effetti...» asserì l'altro, vinto dalla logicità della cosa. Se non fosse stato in grado di preparare una tazza di thé a quel punto sarebbe già andato a far compagnia agli angioletti da un bel pezzo.
«Avanti, bevi! Ti farà bene» lo esortò il britannico, sedendosi sul materasso accanto a lui, fissandolo con una dolcissima espressione seria e piena d'aspettativa.
Fu quello sguardo a persuadere Francia a tentare la sorte e rischiare una seconda volta la vita. Portò la chicchera alle labbra e bevve un sorso.
Il sapore di menta piperita era forte e si mescolava bene con quello naturale dell'infusione del thé. Non era per niente una schifezza come aveva temuto!
«È buonissimo, mon amour!» esclamò sorpreso Francis, buttando giù tutto d'un fiato il resto.
Era squisito e lasciava un gradevole sapore fresco in bocca.
«Visto? Io te l'avevo detto!» sbuffò offeso l'altro, incrociando le braccia sul petto con aria sostenuta.
«Sì, ma... perché ne hai preparato così tanto?» chiese il malato, accennando con il capo alla teiera.
«Come perché?! Non ne vuoi già più?».
Lo sguardo sconvolto e drammatico che gli rivolse il Kirkland gli fece una tale tenerezza da strappargli di bocca un: «Ma certo che no! Me ne versi un'altra tazzina, s'il vous plait?».
E Francia si maledisse per la reazione che aveva spontaneamente ogni volta che Inghilterra assumeva un'espressione che lui trovava personalmente dolcissima.
Rating: Verde
Genere: Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Arthur Kirkland (Inghilterra), Francis Bonnefoy (Francia)
Wordcount: 1277 (
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Prompt: 08. Pure Peppermint @
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Note: Linguaggio, Shonen-ai
«Francia...?».
Inghilterra fece timidamente capolino alla porta della camera da letto che divideva con Francis, sbirciando nella direzione del letto.
Nel vedere una collinetta sotto le coperte tirò un sospiro di sollievo: il suo compagno era a letto, per fortuna, e non di nuovo in bagno.
«Francia...?».
Inghilterra fece timidamente capolino alla porta della camera da letto che divideva con Francis, sbirciando nella direzione del letto.
Nel vedere una collinetta sotto le coperte tirò un sospiro di sollievo: il suo compagno era a letto, per fortuna, e non di nuovo in bagno - aveva perso il conto ormai di quante volte ci fosse andato nel corso della notte appena trascorsa.
La sua presenza in camera avrebbe reso senz'altro un po' meno difficile all'inglese affrontare ciò che stava per fare. Si sarebbe perlomeno risparmiato di aspettarlo pazientemente e poi dover spiegare il perché della sua "visita".
L'assenza di una risposta al richiamo iniziale fece tuttavia temere ad Arthur che Francis si fosse addormentato; così varcò la soglia con passo timido ed incerto, tenendo però ben stretti i manici del vassoio d'argento che stava trasportando.
Avvertì un rossore improvviso aggredirgli le guance e tentò di farlo sparire pensando a centinaia di altre cose, ma fu tutto inutile: il suo cervello riusciva a pensare solamente a quel che stava per fare.
«Devo stare calmo. N-non è niente di particolare...» si disse, cercando disperatamente di convincersi che fosse vero.
Si accostò al letto e chiamò, a mezza voce, cercando di essere il più delicato possibile: «Francia? Ehi, Francia...! Svegliati!».
«Guarda che sono perfettamente sveglio, imbecille col cervello annaffiato di thé!» fu la candida replica che ricevette dal francese, che sollevò leggermente la testa dal cuscino per fissarlo con un misto d'odio e sofferenza «E come farei poi a dormire con questo stramaledettissimo mal di pancia...!» soggiunse disperato, lasciando ricadere sul cuscino il capo.
Inghilterra deglutì a vuoto, colpito dalle parole del suo compagno come da una pugnalata nello stomaco: Francia aveva iniziato ad avere mal di pancia la sera precedente, subito dopo cena. Non ci sarebbe stato niente per cui odiare o covare rancore nei confronti dell'inglese... se solo non fosse stato lui a preparare la cena dopo aver insistito tutto il pomeriggio perché l'altro gli accordasse il permesso. Il britannico, però, era stato mosso da nobili sentimenti: aveva voluto essere lui a preparare a cena per il loro primo mese di convivenza e di... rapporto sentimentale.
«C-che bel modo di accogliermi! Sono venuto a vedere come stai, ma evidentemente ho sbagliato...!» disse indignato il Kirkland, facendo la linguaccia al Bonnefoy, il quale divenne paonazzo per l'irritazione.
«Hai attentato alla mia vita con quella... quella cosa che mi hai propinato ieri sera spacciandola per "roast beef"!» sbottò il francese irritato, piegandosi improvvisamente su se stesso «E adesso pretendi pure che ti accolga al mio capezzale con baci e abbracci?! Scordat-uh... che dolore...!».
Il britannico rimase palesemente spiazzato dalla freddezza del coinquilino nei suoi confronti, così in contrasto con il suo comportamento consueto.
Per una volta che si preoccupava per le sue condizioni di salute lui lo trattava malissimo. Sarebbe stata decisamente meglio una bella coltellata a tradimento in pieno stomaco.
«Per quel che mi riguarda puoi anche tornare in soggiorno a leggere i tuoi stupidi libri di magia...!».
Scocciato da quell'atteggiamento del tutto indisponente, il britannico sbatté con forza il vassoio sul comò. Tazzine, porta zucchero, piattini, cucchiaini e teiera sobbalzarono provocando un gran fracasso di porcellana sbattuta.
Francis schizzò seduto per lo spavento.
«Ma sei scemo? Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò, scioccato.
«Ascoltami bene, fottuto vinofilo mangialumache che non sei altro! Ho fatto un casino ieri sera per cena, okay? Oramai ne sono consapevole, però sto cercando di prendermi anche cura di te, cazzo! Quindi smettila di fare il bambino!» esplose Arthur, senza riuscire a trattenersi oltre.
Francia lo fissò a bocca aperta: con lui non aveva mai messo così tante parole in fila, offensive o meno che fossero. Di solito lasciava che i fatti parlassero al posto suo, timoroso com'era di lasciar trasparire il suo lato tenero.
Il Bonnefoy trovò quantomeno sensato quel che l'altro aveva appena detto: il fatto che fosse lì e che non fosse uscito mandandolo a quel paese alla prima parola poco garbata che gli era stata rivolta era la prova che si stava veramente preoccupando di come stava.
Il Kirkland dovette ammettere che dopo quello sfogo decisamente poco gentile ed educato si sentiva molto più a proprio agio. Forse aveva appena dato un po' di sfogo al suo stress represso.
«Oh, sei improvvisamente diventato una mamma chioccia?» chiese il Bonnefoy sorridendogli di sghembo con aria di scherno.
Ecco, adesso riconosceva il vero Francia...! Era di quel pervertito, odioso e romantico francesino che si era alla fin fine innamorato, dopo secoli di guerre, discussioni, dispetti. Adesso era tutto esattamente come doveva essere.
«Puoi sfottermi quanto ti pare, sai? Tanto sono io quello che può mandarti all'altro mondo soltanto piazzandosi davanti ai fornelli...».
Quell'affermazione fece gelare il sangue nelle vene del francese, specialmente per il candido tono utilizzato dall'inglese, il quale aveva compreso di avere dalla parte del manico un'arma decisamente letale e persuasiva ed era intenzionato a sfruttarla in ogni occasione si fosse resa necessaria.
Fu solo in quel momento che il francese notò il servizio da thé e la teiera fumante portati dal compagno.
«Che c'è lì dentro...?» osò domandare, fissando preoccupato le fitte volute di vapore che fuoriuscivano dalla teiera. E se avesse inavvertitamente creato un'arma chimica...?
«Pure Peppermint» rispose Arthur in perfetto accento inglese ed in tono orgoglioso.
«E c-che cos'è?» lo incalzò Francis, impaurito: il suo stomaco sottosopra era già abbastanza da sopportare senza che ci si mettesse qualche altra porcheria a peggiorare ulteriormente la situazione.
«Thé. Che cosa credevi che fosse, scusa...?» replicò il Kirkland, inarcando un folto sopracciglio.
Il Bonnefoy avrebbe voluto rispondere "veleno", ma decise di tenere quella risposta per sé e disse: «Niente, volevo solo essere sicuro...».
«È alla menta piperita» spiegò Inghilterra, le guance che improvvisamente cominciavano ad ardere di nuovo «Pensavo che il thé normale non ti sarebbe piaciuto... e-e così ne ho preparato uno con un gusto un po' più... forte».
Il thé non era proprio il massimo come tema con cui fare del sentimentalismo, ma lui era comunque agitatissimo: non gli capitava spesso di comportarsi così da gentiluomo con Francia. Tutti quei riguardi nei suoi confronti li trovava giusti in fondo, ma una parte di sé li considerava totalmente fuori luogo proprio a causa del destinatario.
Con mano appena tremante l'inglese versò il contenuto della teiera in una tazzina e vi aggiunse una zolletta di zucchero, porgendo poi la chicchera all'ammalato.
Quest'ultimo l'accettò con un po' di timore.
«Sicuro che si possa bere?» chiese.
«Ti sembro forse America?!» abbaiò l'inglese alla sprovvista, offeso «Preparo il thé delle cinque ogni giorno, è impensabile che possa essere cattivo!».
«In effetti...» asserì l'altro, vinto dalla logicità della cosa. Se non fosse stato in grado di preparare una tazza di thé a quel punto sarebbe già andato a far compagnia agli angioletti da un bel pezzo.
«Avanti, bevi! Ti farà bene» lo esortò il britannico, sedendosi sul materasso accanto a lui, fissandolo con una dolcissima espressione seria e piena d'aspettativa.
Fu quello sguardo a persuadere Francia a tentare la sorte e rischiare una seconda volta la vita. Portò la chicchera alle labbra e bevve un sorso.
Il sapore di menta piperita era forte e si mescolava bene con quello naturale dell'infusione del thé. Non era per niente una schifezza come aveva temuto!
«È buonissimo, mon amour!» esclamò sorpreso Francis, buttando giù tutto d'un fiato il resto.
Era squisito e lasciava un gradevole sapore fresco in bocca.
«Visto? Io te l'avevo detto!» sbuffò offeso l'altro, incrociando le braccia sul petto con aria sostenuta.
«Sì, ma... perché ne hai preparato così tanto?» chiese il malato, accennando con il capo alla teiera.
«Come perché?! Non ne vuoi già più?».
Lo sguardo sconvolto e drammatico che gli rivolse il Kirkland gli fece una tale tenerezza da strappargli di bocca un: «Ma certo che no! Me ne versi un'altra tazzina, s'il vous plait?».
E Francia si maledisse per la reazione che aveva spontaneamente ogni volta che Inghilterra assumeva un'espressione che lui trovava personalmente dolcissima.