fiamma_drakon: (Flandre_Scarlet)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Di momenti in cui capisci cosa puoi e non puoi fare
Rating: Verde
Genere: Generale, Slice of life
Personaggi: Eve (Imperatrice Nasod), Oberon, Ofelia, Raven (Maestro di Spada)
Wordcount: 991 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: Libertà/Costrizione per la Missione 3 della sesta settimana del COW-T 3 @ [livejournal.com profile] maridichallenge
Note: Gen
Eve aveva sempre delle difficoltà quando si trattava di riparare il braccio Nasod di Raven, per il quale il giovane aveva una considerazione veramente esigua. Quello non era un braccio per lui, bensì una mera arma, pertanto si sentiva libero di trattarlo come più gli aggradava, essendo solo un oggetto - riparabile un numero considerevole di volte, per di più.
Non lo sentiva come una parte di sé.
«Dovresti trattarlo con più riguardo» l'ammonì lei accennando al suo braccio, che adesso l'Imperatrice aveva aperto e stava controllando.
«Sono libero di usarlo come mi pare. È mio...» borbottò il Maestro di Spada, girando altrove lo sguardo.


«Sta' fermo»
«Mi stai facendo male! Ci sono i nervi attaccati al braccio!».
Eve aveva sempre delle difficoltà quando si trattava di riparare il braccio Nasod di Raven, per il quale il giovane aveva una considerazione veramente esigua. Quello non era un braccio per lui, bensì una mera arma, pertanto si sentiva libero di trattarlo come più gli aggradava, essendo solo un oggetto - riparabile un numero considerevole di volte, per di più.
Non lo sentiva come una parte di sé.
«Dovresti trattarlo con più riguardo» l'ammonì lei accennando al suo braccio, che adesso l'Imperatrice aveva aperto e stava controllando.
«Sono libero di usarlo come mi pare. È mio...» borbottò il Maestro di Spada, girando altrove lo sguardo.
La sedia reclinabile che la Nasod aveva costruito appositamente per lui per le operazioni di manutenzione e riparazione era comoda ed in qualche modo gli conciliava il sonno. Il ragazzo, d’altra parte, era esausto: aveva affrontato una spedizione nel Nucleo Nasod totalmente da solo e adesso, oltre ad avere un braccio fuori uso, aveva anche un gran bisogno di riposo. Se ci fosse stato qualcun altro lì con lui - tipo Elsword - di certo gli avrebbe fatto una bella ramanzina sull’aver fatto una cosa estremamente stupida nell’andare da solo e che, essendo parte di una squadra, se proprio voleva andare avrebbe fatto molto meglio a farsi accompagnare almeno da un’altra persona: il Nucleo Nasod era uno dei luoghi più pericolosi di El.
Raven preferiva Eve anche per quello: lei non faceva lavate di capo a nessuno. Brontolava come tutti, certo, ma niente prediche.
L’albina non lasciava quasi mai la sua dimora, la quale - essendo parecchio grande - era diventata una specie di punto di ritrovo per tutti: spesso e volentieri Chung si faceva dare una sistemata al bazooka da Ofelia e Elsword e Aisha si fermavano anche a dormire presso la Nasod, che non aveva niente in contrario - eccetto quando doveva uscire e quando i due iniziavano a bisticciare. Anche Raven stesso a volte si era trovato a dormire da lei, esausto dopo la sistemazione della protesi meccanica.
«E invece no» lo rimproverò l'Imperatrice, schiacciando volutamente uno dei fili lungo l'avambraccio con forza.
«AAAH! Ahio! Ahio! Smettila, basta!» protestò Raven sull'orlo delle lacrime, cercando di muovere il braccio per sottrarsi, ma invano.
«Basta!» gemette ancora, al che venne finalmente ascoltato. Il dolore cessò immediatamente ed il Maestro di Spada emise un sospiro di sollievo.
«Perché l’hai fatto? Fa male...!» protestò Raven, guardando Eve dal basso della sua posizione.
«Per farti capire che finché questo braccio avrà bisogno di me tu dovrai trattarlo con riguardo» disse l’Imperatrice in tono autoritario.
A Raven quella sembrava una costrizione del tutto inutile: quel braccio era un’arma in fin dei conti. Perché avrebbe dovuto trattarlo in maniera differente...?
«Va bene» acconsentì il Maestro di Spada, rassegnato: preferiva cercare di limitare la violenza nell’utilizzo del braccio piuttosto che rinunciare ai servigi di meccanica di Eve. Non c’erano altre persone brave come lei in quel tipo di mansioni.
La Nasod emise un mugolio di assenso e riprese a lavorare, anche se purtroppo nel cercare di allentare un bullone del gomito lo strinse con impeto eccessivo. Raven emise un lamento acuto di dolore cercando - di nuovo - di sottrarsi al trattamento.
«Ti ho detto che lo tratterò meglio, basta farmi male!» esclamò stizzito il moro.
Eve gli scoccò un’occhiataccia estremamente gelida. Sembrava decisamente contrariata, anche se Raven non avrebbe saputo dire il perché, dato che era lui ad essere stato martoriato e non lei.
L’Imperatrice schioccò le dita.
«Oberon, Ofelia!» chiamò.
I suoi due servitori comparvero immediatamente alle sue spalle, simili a guardie del corpo.
«Tenetelo fermo» ordinò la Nasod, osservando con aria altezzosa il suo paziente.
«C-cosa?!» fece quest’ultimo, vedendosi arrivare addosso i due robot.
«Se non stai fermo non posso finire...» replicò la ragazza, osservando i suoi due servitori che eseguivano il suo ordine.
Il moro venne ghermito per il braccio ed immobilizzato da Ofelia mentre Oberon gli bloccava le gambe - come se ci fosse il pericolo che se ne andasse da qualche parte, con il braccio in quelle condizioni.
Bloccato da quei due era costretto alla più assoluta immobilità, una situazione che gli dava sinceramente fastidio. Non si trovava ad affrontare una condizione del genere da quando i Nasod l’avevano preso e portato al Nucleo, dove l’avevano legato con cinghie così strette da fermargli quasi la circolazione sanguigna ad un tavolo operatorio per l’intervento di installazione di quello stesso braccio che adesso Eve doveva riparargli.
Non fu un tuffo nel passato piacevole per il ragazzo.
«Non serve tenermi fermo! Non mi muoverò più, davvero. Lasciami» si lamentò il Maestro di Spada, cercando di sfuggire alla stoica presa dei due servitori Nasod.
«Invece serve, dato che ogni volta che ti tocco un collegamento nervoso urli e ti muovi» ribatté Eve in tono pacato ma severo «Altrimenti dovrò toglierti il braccio per ripararlo».
L’opzione che gli era stata appena prospettata non rendeva per niente felice Raven: lui odiava stare senza il braccio. In pratica non poteva far niente, solo stare sdraiato a fissare il soffitto, i monconi dei fili elettrici che fungevano da ponte tra la spalla e i cavi della protesi che gli pendevano dalla spalla. Gli sarebbe bastato versarsi un bicchiere d’acqua addosso per errore per finire arrostito e non ci teneva affatto a sperimentare l’esperienza.
«No, non se ne parla» rifiutò categoricamente Raven, accompagnando l’affermazione con un’energica scossa della testa.
A volte si chiedeva perché Eve arrivava a metterlo così alle strette: solitamente con gli altri riusciva a farsi rispettare ed anche ad imporsi, di quando in quando.
Con lei, invece, non ci riusciva mai, specialmente in occasioni come quella. Probabilmente era dovuto al fatto che era lei a tenere il proverbiale coltello dalla parte del manico e non il contrario.
«Bene» disse la Nasod, senza apporre nessun tipo particolare di tono alla propria constatazione «Allora lasciami lavorare. Rilassati e riposati intanto, mi sembra che tu ne abbia un gran bisogno...» aggiunse.
Impossibilitato a fare altro, Raven seguì semplicemente il consiglio e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi su ben altre cose rispetto al proprio braccio meccanico.

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