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Titolo: Fearless
Rating: Verde
Genere: Introspettivo, Malinconico
Personaggi: Claire, Hershel Layton
Wordcount: 1478 (
fiumidiparole)
Prompt: Nostalgia - 6° settimana del COW-T @
maridichallenge
Note: Het, Missing Moment
Adesso vedeva chiaramente in lei ciò che gli era stato sottratto - a suo parere ingiustamente - dieci anni prima.
Era identica a quando si erano visti per l'ultima volta e si diede dello stupido per non essere riuscito a capire da solo.
Adesso vedeva chiaramente in lei ciò che gli era stato sottratto - a suo parere ingiustamente - dieci anni prima.
Era identica a quando si erano visti per l’ultima volta e si diede dello stupido per non essere riuscito a capire da solo.
«Hershel...».
La sua voce era spezzata dai singhiozzi, mentre le lacrime scendevano a rigarle le guance. Quelle stille erano manifesto di una sequela di sentimenti che si succedevano a ritmi vertiginosamente veloci, scivolandole addosso senza lasciarle il tempo di far luce e mettere ordine nei suoi pensieri e nel suo cuore.
Sentiva a tratti riaffiorare l’amore che provava ancora forte per lui, la gioia del rivederlo e la tristezza per la consapevolezza che non sarebbe rimasta lì ancora per molto, poiché il suo tempo era quasi scaduto; tuttavia, il sentimento che più intensamente percepiva, da solo e intriso più o meno negli altri, era la nostalgia.
Era una sensazione opprimente, che scavava nel suo animo senza remore, affondando sempre più giù, rievocandole alla memoria emozioni ed immagini cui lei teneva talmente tanto da trasformarsi nella fonte di cui si alimentava il suo pianto.
Vari flash le si presentarono alla mente, mostrandole spaccati di una vita felice e di un amore che si erano trasformati in un effimero sogno lontano nell’attimo in cui si era spinta oltre i confini del concesso e tutto era stato spezzato, diventando tragedia, privandola del futuro cui tanto aveva anelato.
E adesso, proprio davanti a lei, c’era l’uomo che era stato il perno attorno al quale avevano ruotato per anni tutti i suoi progetti.
«Hershel...» lo chiamò una seconda volta, cercando di dare un’impronta più decisa e felice alla sua voce.
Quel tono si sovrappose nella mente di Layton con quello da lei stessa usato anni addietro, in un momento completamente differente da quello che stavano vivendo.
«Hershel...».
In quell’attimo, mentre la scena acquisiva progressivamente nitidezza nella sua mente, definendo l’ambiente e le circostanze, un’improvvisa e forte nostalgia si accompagnò al ricordo, la quale gli attanagliò il cuore e l’animo, lasciandolo quasi senza fiato.
Nella sua mente c’era solamente quel ricordo, che iniziava con un’armoniosa risata femminile...
«Hershel... che stai facendo? Presto, vieni o ti prenderai un malanno!».
Claire sorrideva da sotto la piccola tettoia che riparava la fermata dell’autobus dalla pioggia battente che picchiava con forza sul marciapiede come se fosse grandine. Le sue esili mani tenevano chiuso e sollevato il bavero della giacca, nel quale cercava protezione dal vento umido che le frustava il collo.
Hershel accelerò il passo, cercando così di sfuggire il più velocemente possibile al diluvio cui era direttamente esposto assieme ai suoi libri di testo dell’università, anche se ormai era tardi, dato che i suoi capelli erano già bagnati, così come i vestiti.
Raggiunse la ragazza e le si fermò accanto, guardandola: il suo sorriso era bellissimo e gli trasmetteva una sensazione di calore che contrastava decisamente con il gelo che accompagnava la pioggia.
«Avremmo dovuto portare l’ombrello...» commentò quest’ultima, ironica «... ti sei tutto bagnato» aggiunse, ridendo.
Il suono di quella risata lo fece arrossire, mentre abbassava lo sguardo, imbarazzato.
«Avrei dovuto essere più previdente...»
L’autobus arrivò proprio in quel momento, fermandosi e consentendo loro di salire.
«Questa sera hai niente da fare, Hershel...?» iniziò Claire entusiasta, percorrendo lo stretto passaggio al centro del mezzo, diretta verso i sedili vuoti in fondo.
Layton ci pensò su un momento, colto alla sprovvista dalla domanda.
Infine rispose: «No, non mi pare. Perché...?».
Claire gli sorrise di nuovo, stavolta lievemente imbarazzata.
«Pensavo che potremmo cenare insieme, se ti va...» propose, incatenando il suo sguardo con quello di lui.
Adesso lei gli era di nuovo davanti, come quella volta, ma la situazione era completamente differente: erano passati dieci lunghi anni, erano stati separati da una fatalità inequivocabilmente avversa e lei non aveva più tempo. Di lì a pochi momenti sarebbe sparita un’altra volta, con la differenza che questa sarebbe stata la separazione definitiva, eterna, dato che sarebbe stata inghiottita da un riflusso temporale che l’avrebbe portata direttamente alla morte.
«Claire...» la chiamò Layton, senza fiato, non riuscendo a nascondere una nota di sorpresa nel proprio tono.
«Claire...?».
Nella mente della giovane riecheggiò quello stesso tono ed una versione più giovanile di quella stessa voce...
«Claire...? Che stai facendo?».
La ragazza si sollevò da sotto la scrivania, sbattendo la testa contro il piano di quest’ultima, per poi rimettersi in piedi e voltarsi verso il giovane che era comparso sulla porta, massaggiandosi delicatamente il capo.
«Oh, Hershel...» esclamò, in tono vagamente colpevole.
Layton avanzò nella stanza, guardandola stupito.
«Che cosa stavi facendo...?».
«Oggi ho finito un po’ prima di lavorare al laboratorio e ho pensato di venire ad aspettarti per andare a casa insieme...» spiegò, sorridendo, le guance arrossate e gli occhiali un po’ scivolati sulla punta del naso «però mentre guardavo sono cadute alcune penne dalla scrivania.... e le stavo raccogliendo» aggiunse.
Hershel le si avvicinò e le riassettò gli occhiali sul naso.
«Okay, dammi un minuto e sono pronto» rispose lui, sorridendole.
La superò e si diresse verso l’attaccapanni nell’angolo dietro di lei, per prendere il cappotto.
Claire lo guardò, non potendo far a meno di notare l’incredibile eleganza intrinseca del suo portamento.
«Non sei cambiato per niente dall’ultima volta...» mormorò la fanciulla, le lacrime che poco a poco diminuivano grazie alla sua incredibile forza di volontà.
«Neanche tu» osservò Layton.
Avrebbe voluto dirle tante cose, chiederle come aveva vissuto in quegli anni, cosa aveva fatto - soprattutto se ancora l’amava - ma non riusciva a farlo. In quel momento, tutto ciò che percepiva era una tremenda fitta di nostalgia che gli stringeva il cuore e che continuava a proiettarlo anni nel passato.
In realtà, non gli dispiaceva, anzi, era piacevole estraniarsi dalla triste vicenda che si era appena conclusa e tornare con la memoria a tempi più felici, anche se si rendeva ben conto che era soltanto una cosa temporanea.
«Vedo che... hai ancora il cappello che ti ho dato» commentò lei, sorridendo mesta.
«Sì, l’ho conservato... come una delle mie cose più preziose» rispose lui, poi cercò di riprendere il discorso, di sviare su un argomento di cui poter parlare senza tutto quell’impaccio tipico di due timidi fidanzatini.
«Claire...» esordì di nuovo, in tono serio, ma fu subito interrotto: «Ormai il mio tempo è scaduto, Hershel».
Lo sguardo della ragazza era triste, ma pieno di determinazione. In esso, l’archeologo riuscì a scorgere anche un velo di solenne rassegnazione.
«Perché?» domandò di getto.
Alla scienziata non riuscì a sfuggire un velo di disperazione in quella domanda.
«Perché ho violato le leggi della natura, ed è giusto che adesso ne paghi le conseguenze» sentenziò, lasciando momentaneamente interdetto il suo interlocutore.
Non appena Layton cercò di ribattere, il viso di Claire si schiuse in un’espressione serena e più gioiosa, simile allo sbocciare di un fiore nel primo tepore primaverile.
La nostalgia di quei giorni lontani in cui la serenità dei loro volti era dovuta una differente realtà raggiunse l’apice massimo in entrambi: Hershel rivedeva quel sorriso affiorarle in viso durante i loro appuntamenti, all’università, sotto il sole o la pioggia; Claire rievocava alla memoria quell’espressione un po’ disagiata che compariva sempre quando si trovava in imbarazzo e che anche adesso era comparsa in volto all’archeologo, ma per ben altri motivi.
Era ben consapevole che lui sapeva di non poter far niente per impedirle di tornare indietro.
«Addio, Hershel» esclamò la donna, voltandosi e avviandosi attraverso lo stretto vicolo, diretta all’angolo: non voleva sparire innanzi ai suoi occhi. Sapeva che sarebbe stato ancor più doloroso.
«Aspetta! Non posso lasciarti andare così!».
Claire si fermò e si volse a metà indietro.
Faceva male guardare il dolore sul suo volto, essere cosciente di esserne la causa ma al tempo stesso non poter far niente per farlo scomparire.
«Sono certa che tu sarai abbastanza forte da poter andare avanti. Dopotutto...» s’interruppe momentaneamente, come a creare un effetto suspense nella frase «... è così che fanno i gentiluomini, no?».
Con ciò lasciò definitivamente senza parole Layton: nella sua mente, Claire l’aveva sempre visto come un gentiluomo e lui alla fine lo era diventato proprio “in memoria” di lei.
«Ricordati dei nostri momenti insieme... e del nostro futuro perduto...» mormorò Claire, prima di voltarsi e riprendere il suo inesorabile cammino.
Il suo modo di andare incontro alla morte era lodevole, in un certo senso: camminava diretta e sicura verso la svolta del vicolo con il suo solito portamento, come se stesse semplicemente tornando a casa. Sembrava essere senza paura, anche se in realtà Hershel era convinto che almeno un po’ ne provasse: dopotutto, nessun essere umano guardava la morte in faccia senza esserne intimorito; eppure, lei riusciva a dissimulare tutto benissimo.
L’archeologo osservò la sua amata svoltare l’angolo. Fu un’azione che durò un istante, nel quale era però racchiuso tutto l’ineluttabile ed infinito attimo di un addio eterno.
Il tempo parve fermarsi e dilatarsi in modo inverosimile, mentre il piccolo Luke, che aveva assistito alla scena in silenzio, correva verso l’angolo.
«È sparita!» gli sentì dire, e ciò confermò la vera e propria fine di tutto; tuttavia, Claire non sarebbe mai morta definitivamente nell’animo di Layton, poiché tutti i loro meravigliosi ricordi insieme sarebbero rimasti vivi nella sua mente per sempre, simili ad inestimabili gemme preziose.
«Addio, Claire...».
Rating: Verde
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Note: Het, Missing Moment
Adesso vedeva chiaramente in lei ciò che gli era stato sottratto - a suo parere ingiustamente - dieci anni prima.
Era identica a quando si erano visti per l'ultima volta e si diede dello stupido per non essere riuscito a capire da solo.
Adesso vedeva chiaramente in lei ciò che gli era stato sottratto - a suo parere ingiustamente - dieci anni prima.
Era identica a quando si erano visti per l’ultima volta e si diede dello stupido per non essere riuscito a capire da solo.
«Hershel...».
La sua voce era spezzata dai singhiozzi, mentre le lacrime scendevano a rigarle le guance. Quelle stille erano manifesto di una sequela di sentimenti che si succedevano a ritmi vertiginosamente veloci, scivolandole addosso senza lasciarle il tempo di far luce e mettere ordine nei suoi pensieri e nel suo cuore.
Sentiva a tratti riaffiorare l’amore che provava ancora forte per lui, la gioia del rivederlo e la tristezza per la consapevolezza che non sarebbe rimasta lì ancora per molto, poiché il suo tempo era quasi scaduto; tuttavia, il sentimento che più intensamente percepiva, da solo e intriso più o meno negli altri, era la nostalgia.
Era una sensazione opprimente, che scavava nel suo animo senza remore, affondando sempre più giù, rievocandole alla memoria emozioni ed immagini cui lei teneva talmente tanto da trasformarsi nella fonte di cui si alimentava il suo pianto.
Vari flash le si presentarono alla mente, mostrandole spaccati di una vita felice e di un amore che si erano trasformati in un effimero sogno lontano nell’attimo in cui si era spinta oltre i confini del concesso e tutto era stato spezzato, diventando tragedia, privandola del futuro cui tanto aveva anelato.
E adesso, proprio davanti a lei, c’era l’uomo che era stato il perno attorno al quale avevano ruotato per anni tutti i suoi progetti.
«Hershel...» lo chiamò una seconda volta, cercando di dare un’impronta più decisa e felice alla sua voce.
Quel tono si sovrappose nella mente di Layton con quello da lei stessa usato anni addietro, in un momento completamente differente da quello che stavano vivendo.
«Hershel...».
In quell’attimo, mentre la scena acquisiva progressivamente nitidezza nella sua mente, definendo l’ambiente e le circostanze, un’improvvisa e forte nostalgia si accompagnò al ricordo, la quale gli attanagliò il cuore e l’animo, lasciandolo quasi senza fiato.
Nella sua mente c’era solamente quel ricordo, che iniziava con un’armoniosa risata femminile...
«Hershel... che stai facendo? Presto, vieni o ti prenderai un malanno!».
Claire sorrideva da sotto la piccola tettoia che riparava la fermata dell’autobus dalla pioggia battente che picchiava con forza sul marciapiede come se fosse grandine. Le sue esili mani tenevano chiuso e sollevato il bavero della giacca, nel quale cercava protezione dal vento umido che le frustava il collo.
Hershel accelerò il passo, cercando così di sfuggire il più velocemente possibile al diluvio cui era direttamente esposto assieme ai suoi libri di testo dell’università, anche se ormai era tardi, dato che i suoi capelli erano già bagnati, così come i vestiti.
Raggiunse la ragazza e le si fermò accanto, guardandola: il suo sorriso era bellissimo e gli trasmetteva una sensazione di calore che contrastava decisamente con il gelo che accompagnava la pioggia.
«Avremmo dovuto portare l’ombrello...» commentò quest’ultima, ironica «... ti sei tutto bagnato» aggiunse, ridendo.
Il suono di quella risata lo fece arrossire, mentre abbassava lo sguardo, imbarazzato.
«Avrei dovuto essere più previdente...»
L’autobus arrivò proprio in quel momento, fermandosi e consentendo loro di salire.
«Questa sera hai niente da fare, Hershel...?» iniziò Claire entusiasta, percorrendo lo stretto passaggio al centro del mezzo, diretta verso i sedili vuoti in fondo.
Layton ci pensò su un momento, colto alla sprovvista dalla domanda.
Infine rispose: «No, non mi pare. Perché...?».
Claire gli sorrise di nuovo, stavolta lievemente imbarazzata.
«Pensavo che potremmo cenare insieme, se ti va...» propose, incatenando il suo sguardo con quello di lui.
Adesso lei gli era di nuovo davanti, come quella volta, ma la situazione era completamente differente: erano passati dieci lunghi anni, erano stati separati da una fatalità inequivocabilmente avversa e lei non aveva più tempo. Di lì a pochi momenti sarebbe sparita un’altra volta, con la differenza che questa sarebbe stata la separazione definitiva, eterna, dato che sarebbe stata inghiottita da un riflusso temporale che l’avrebbe portata direttamente alla morte.
«Claire...» la chiamò Layton, senza fiato, non riuscendo a nascondere una nota di sorpresa nel proprio tono.
«Claire...?».
Nella mente della giovane riecheggiò quello stesso tono ed una versione più giovanile di quella stessa voce...
«Claire...? Che stai facendo?».
La ragazza si sollevò da sotto la scrivania, sbattendo la testa contro il piano di quest’ultima, per poi rimettersi in piedi e voltarsi verso il giovane che era comparso sulla porta, massaggiandosi delicatamente il capo.
«Oh, Hershel...» esclamò, in tono vagamente colpevole.
Layton avanzò nella stanza, guardandola stupito.
«Che cosa stavi facendo...?».
«Oggi ho finito un po’ prima di lavorare al laboratorio e ho pensato di venire ad aspettarti per andare a casa insieme...» spiegò, sorridendo, le guance arrossate e gli occhiali un po’ scivolati sulla punta del naso «però mentre guardavo sono cadute alcune penne dalla scrivania.... e le stavo raccogliendo» aggiunse.
Hershel le si avvicinò e le riassettò gli occhiali sul naso.
«Okay, dammi un minuto e sono pronto» rispose lui, sorridendole.
La superò e si diresse verso l’attaccapanni nell’angolo dietro di lei, per prendere il cappotto.
Claire lo guardò, non potendo far a meno di notare l’incredibile eleganza intrinseca del suo portamento.
«Non sei cambiato per niente dall’ultima volta...» mormorò la fanciulla, le lacrime che poco a poco diminuivano grazie alla sua incredibile forza di volontà.
«Neanche tu» osservò Layton.
Avrebbe voluto dirle tante cose, chiederle come aveva vissuto in quegli anni, cosa aveva fatto - soprattutto se ancora l’amava - ma non riusciva a farlo. In quel momento, tutto ciò che percepiva era una tremenda fitta di nostalgia che gli stringeva il cuore e che continuava a proiettarlo anni nel passato.
In realtà, non gli dispiaceva, anzi, era piacevole estraniarsi dalla triste vicenda che si era appena conclusa e tornare con la memoria a tempi più felici, anche se si rendeva ben conto che era soltanto una cosa temporanea.
«Vedo che... hai ancora il cappello che ti ho dato» commentò lei, sorridendo mesta.
«Sì, l’ho conservato... come una delle mie cose più preziose» rispose lui, poi cercò di riprendere il discorso, di sviare su un argomento di cui poter parlare senza tutto quell’impaccio tipico di due timidi fidanzatini.
«Claire...» esordì di nuovo, in tono serio, ma fu subito interrotto: «Ormai il mio tempo è scaduto, Hershel».
Lo sguardo della ragazza era triste, ma pieno di determinazione. In esso, l’archeologo riuscì a scorgere anche un velo di solenne rassegnazione.
«Perché?» domandò di getto.
Alla scienziata non riuscì a sfuggire un velo di disperazione in quella domanda.
«Perché ho violato le leggi della natura, ed è giusto che adesso ne paghi le conseguenze» sentenziò, lasciando momentaneamente interdetto il suo interlocutore.
Non appena Layton cercò di ribattere, il viso di Claire si schiuse in un’espressione serena e più gioiosa, simile allo sbocciare di un fiore nel primo tepore primaverile.
La nostalgia di quei giorni lontani in cui la serenità dei loro volti era dovuta una differente realtà raggiunse l’apice massimo in entrambi: Hershel rivedeva quel sorriso affiorarle in viso durante i loro appuntamenti, all’università, sotto il sole o la pioggia; Claire rievocava alla memoria quell’espressione un po’ disagiata che compariva sempre quando si trovava in imbarazzo e che anche adesso era comparsa in volto all’archeologo, ma per ben altri motivi.
Era ben consapevole che lui sapeva di non poter far niente per impedirle di tornare indietro.
«Addio, Hershel» esclamò la donna, voltandosi e avviandosi attraverso lo stretto vicolo, diretta all’angolo: non voleva sparire innanzi ai suoi occhi. Sapeva che sarebbe stato ancor più doloroso.
«Aspetta! Non posso lasciarti andare così!».
Claire si fermò e si volse a metà indietro.
Faceva male guardare il dolore sul suo volto, essere cosciente di esserne la causa ma al tempo stesso non poter far niente per farlo scomparire.
«Sono certa che tu sarai abbastanza forte da poter andare avanti. Dopotutto...» s’interruppe momentaneamente, come a creare un effetto suspense nella frase «... è così che fanno i gentiluomini, no?».
Con ciò lasciò definitivamente senza parole Layton: nella sua mente, Claire l’aveva sempre visto come un gentiluomo e lui alla fine lo era diventato proprio “in memoria” di lei.
«Ricordati dei nostri momenti insieme... e del nostro futuro perduto...» mormorò Claire, prima di voltarsi e riprendere il suo inesorabile cammino.
Il suo modo di andare incontro alla morte era lodevole, in un certo senso: camminava diretta e sicura verso la svolta del vicolo con il suo solito portamento, come se stesse semplicemente tornando a casa. Sembrava essere senza paura, anche se in realtà Hershel era convinto che almeno un po’ ne provasse: dopotutto, nessun essere umano guardava la morte in faccia senza esserne intimorito; eppure, lei riusciva a dissimulare tutto benissimo.
L’archeologo osservò la sua amata svoltare l’angolo. Fu un’azione che durò un istante, nel quale era però racchiuso tutto l’ineluttabile ed infinito attimo di un addio eterno.
Il tempo parve fermarsi e dilatarsi in modo inverosimile, mentre il piccolo Luke, che aveva assistito alla scena in silenzio, correva verso l’angolo.
«È sparita!» gli sentì dire, e ciò confermò la vera e propria fine di tutto; tuttavia, Claire non sarebbe mai morta definitivamente nell’animo di Layton, poiché tutti i loro meravigliosi ricordi insieme sarebbero rimasti vivi nella sua mente per sempre, simili ad inestimabili gemme preziose.
«Addio, Claire...».