fiamma_drakon: (Maid_Gardevoir)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Per vincere la dipendenza
Rating: Verde
Genere: Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Dante, Vergil
Wordcount: 1405 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: Colourful Roulette / #06 - Chocolate Brown @ [livejournal.com profile] diecielode
Note: Incest, Shonen-ai
Da quando si era costretto a smettere di fumare, Dante era diventato estremamente irascibile e nervoso. Vergil, che per sua stessa indole era molto più mansueto e tranquillo - e soprattutto più paziente - si era trovato a dover fare i conti con tutto quel nervosismo più di una volta e, anche se riusciva bene o male a cavarsela, stava diventando una situazione pesante.

Da quando si era costretto a smettere di fumare, Dante era diventato estremamente irascibile e nervoso. Vergil, che per sua stessa indole era molto più mansueto e tranquillo - e soprattutto più paziente - si era trovato a dover fare i conti con tutto quel nervosismo più di una volta e, anche se riusciva bene o male a cavarsela, stava diventando una situazione pesante.
Quando andavano a dormire Dante pretendeva di poter giocare con lui fino a tarda notte e alla fine crollava addormentato senza neanche accorgersene.
Vergil doveva trovare una qualche soluzione.

Quando Dante fece ritorno a casa di suo fratello, aveva un diavolo per capello: non era il tuttofare di Vergil e, dato che lui era un ospite, non era gentile dargli da fare delle commissioni, specialmente se dovevano essere svolte dalle otto del mattino in poi, periodo che lui avrebbe trascorso volentieri a letto a dormire. Lanciò la busta contenente la spesa sul tavolo nel soggiorno e fu una fortuna che avesse comprato tutti generi alimentari che potevano subire un po' di strapazzamento senza rompersi.
«Vergil!» chiamò a gran voce, guardandosi attorno. Adesso che era tornato poteva tranquillamente andare a lamentarsi con il gemello per il trattamento ricevuto.
La porta della cucina era chiusa, quindi immaginò che fosse lì dentro. Era strano vedere chiuso quella porta, perché in genere non facevano mai niente di particolare in quella stanza: lui era negato ai fornelli e non aveva neanche voglia di tentare la fortuna provando a cucinare qualcosa; Vergil era in grado di cucinare invece, ma solo poche cose e piuttosto semplici.
Dante non si curò né di bussare né di far notare in altro modo la propria presenza in casa. Semplicemente, aprì la porta della cucina con una botta piuttosto forte che fece sbattere l'anta contro la parete.
«Vergil!» gridò di nuovo con un moto di rabbia, ma si bloccò nel momento in cui vide che suo fratello era indaffarato ai fornelli.
Con molta calma quest'ultimo si volse verso il moro e domandò: «Che c'è?».
Dante rimase allibito a guardare il gemello, che indossava - sopra ai suoi soliti indumenti - un grembiule bianco con le spalline e l'orlo in morbido volant. Dava un tocco femminile a Vergil che lo faceva apparire sotto una diversa prospettiva agli occhi del moro; tuttavia, non lo rendeva abbastanza ridicolo da invogliarlo a prenderlo deliberatamente per il culo.
Un aroma intenso dal retrogusto leggermente pungente raggiunse il suo olfatto. Era un profumo familiare che gli fece anche venire un po' l'acquolina in bocca.
«Stai preparando la cioccolata?» domandò stupito Dante, avvicinandosi a passo lento mentre il suo cervello metabolizzava l'inusuale piega che la giornata stava prendendo.
«Sì» decretò deciso Vergil, voltandosi completamente verso di lui «Perché? Non ti piace?».
«Perché stai cucinando?» indagò Dante ulteriormente, accostandosi a lui ancora, diffidente.
Da così vicino poteva ben vedere come il grembiule gli aderisse al suo torace tonico. Capì che non riusciva a sfotterlo per il semplice fatto che una parte di sé lo trovava inequivocabilmente sexy.
Represse l'improvviso impulso di accarezzargli i pettorali e rivolse la propria attenzione a ciò che ingombrava il piano cottura che aveva davanti, ossia una grossa ciotola contenente quella che avrebbe dovuto diventare - con ancora un po' di mescolamento - crema di cioccolato e - più in là - della carta da forno su cui erano distesi tanti rettangolini piatti di impasto.
Dante allungò una mano per infilare un dito nella ciotola della cioccolata, ma il fratello gli picchiò con una certa violenza la frusta sul dorso della mano.
«Ahi!» protestò il moro, ritraendo di scatto l'arto «Perché non posso assaggiare?».
«Perché hai le mani sporche» fu la risposta che ricevette dall'albino.
Quest'ultimo infilò un dito nella cioccolata e glielo avvicinò alla bocca.
«Tieni» disse.
Dante diede una prima leccata, incerto se fidarsi o meno, ma poi sentì che la crema era veramente buona, per cui leccò con più fervore.
Notando l'ardente intensità di quella lingua sulla propria falange, Vergil volle puntualizzare: «Non è la mia erezione, Dante. Puoi anche leccare con meno sensualità».
«Hai intenzione di mettere un po' di crema da parte per più tardi?» volle sapere l'interpellato, il tono della voce che lasciava chiaramente intendere a cosa si stesse riferendo.
«Dipende...» rispose Vergil, lasciando volutamente il gemello nel dubbio. Non se la sentiva di promettergli niente per quella sera.
Scontento della risposta ambigua che aveva ricevuto, Dante volse la propria attenzione altrove, più precisamente ai piatti rettangolini di pasta che riposavano poco più in là.
«Cosa sono quelli?» volle sapere, indicandoli.
«Un esperimento» esclamò criptico Vergil, aggravando ulteriormente l'irritazione di Dante, che alla fine esplose: «C'è qualcosa che posso sapere per certo, cazzo?!».
«Sì» disse pacatamente Vergil, riprendendo a mescolare la cioccolata, poi puntualizzò: «Devi portarmi la spesa».
Dante digrignò i denti e sollevò il medio all'indirizzo del gemello, imprecando in maniera colorita e ben udibile, poi se ne andò sbattendo la porta della cucina. Poco dopo ritornò con la busta della spesa, che posò con malagrazia sul bancone.
«Grazie» esclamò Vergil, senza alzare gli occhi da quel che stava facendo.
«Mi vado a fare la doccia» annunciò Dante «Non venire a chiedermi di uscire di nuovo» puntualizzò.
E se ne andò un'altra volta, lasciando ancora solo l'albino.
Quest'ultimo emise un sospiro di sopportazione, lanciando un'occhiata ai pezzi di impasto. Sperava che la sua idea funzionasse, perché odiava pensare che potesse aver gettato via un pomeriggio per niente. Per di più, suo fratello stava diventando di nuovo nervoso.

Quando Dante uscì dalla doccia - più di mezz'ora più tardi - per tutto l'appartamento si era diffuso un profumo di paste fatte in casa che lo colse di sorpresa: non pensava proprio che Vergil avesse una qualche abilità come pasticcere.
Con solo un asciugamano avvolto attorno ai fianchi, il moro si diresse verso la cucina e stavolta trovò la porta aperta. Colto il chiaro e tacito invito ad entrare, non si fermò certamente sulla porta ad aspettare il permesso del padrone di casa e varcò la soglia.
La scena che si trovò davanti, stavolta, era così buffa che non poté reprimere una risata.
Vergil aveva ancora addosso il suo grembiule, ma non era più immacolato, bensì ricoperto di macchie di cioccolata più o meno grandi. Un po' gli era anche finita sul viso.
La ciotola di cioccolata era vuota e i lenzuolini di impasto erano pieni. Adesso somigliavano a piccoli bastoncini ripieni di cioccolata.
Vergil notò la presenza del fratello prima che questo avesse modo di farsi sentire con uno dei suoi soliti commenti pungenti.
«Sei arrivato» disse, come se avesse aspettato fino ad allora il suo arrivo.
Prima che l'altro si muovesse prese un bastoncino ed attraversò la cucina a lunghe falcate, per poi infilarglielo a forza in bocca.
Dante strinse i denti per riflesso per sorreggere il dolce e Vergil sorrise nel vedere negli occhi del suo fratellino una prima ombra di comprensione.
«Sigarette?» domandò.
«Sì» confermò Vergil «Dureranno poco, perché sono di pasta frolla, però almeno hai qualcosa da mettere in bocca per la tua dipendenza».
«Potevi comprare i bastoncini ricoperti di cioccolata» fece presente Dante con una punta d'ironia.
«Quelli dalla prossima volta» rivelò Vergil «Dover cucinare tutto il pomeriggio ogni giorno per farti questi sarebbe da matti».
Dante sgranocchiò la sua sigaretta fatta in casa con gusto fino a ridurne le dimensioni della metà.
«Un "grazie" sarebbe gradito» asserì l'albino, assumendo un contegno indignato.
Dante in un primo momento fu tentato di congedarsi con uno dei suoi soliti commenti sarcastici; poi però decise di mostrarsi riconoscente nei confronti del gemello, dato che gli era veramente grato per quella dimostrazione di attenzioni nei suoi riguardi - anche se non l'avrebbe mai ammesso in maniera esplicita, neanche sotto tortura. Tuttavia, non aveva motivo di negargli un piccolo cenno di ringraziamento.
Si sporse verso di lui e gli leccò via dalla guancia un piccolo grumo semi-solido di cioccolato. Il gesto provocò una istantanea tensione nel corpo di Vergil, il quale era diventato particolarmente sensibile a tali azioni.
«Per fare così poco sei diventato tutto marr...» cominciò Dante, ma non ebbe modo di terminare la frase, perché la bocca di suo fratello sulla sua glielo impedì.
Si baciarono con un certo fervore per alcuni secondi, comunicandosi cose che a parole l'orgoglio personale avrebbe loro impedito di dire. Quando si separarono, ad entrambi era rimasto il desiderio di assaporarsi a vicenda.
«Adesso avresti voluto un po' di crema di cioccolato» commentò Vergil, osservando il gemello mentre si serviva un'altra sigaretta di pasta frolla.
«Non mi sarebbe dispiaciuta» ammise, sorridendo lascivo.
«È già la seconda, vedi di non prendere il vizio anche con quelle» controbatté Vergil in tono ironico, cominciando ad attivarsi per ripulire il casino che aveva lasciato nella stanza.
«Sarà difficile. Vizio batte vizio» replicò Dante.

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