fiamma_drakon: (Default)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Di prati, boschi e fiori di dubbio gusto
Rating: Arancione
Genere: Demenziale, Generale, Introspettivo
Personaggi: Miz'ri (OC!Drow Barbaro), Ninnuus (OC!Firbolg Druido)
Wordcount: 6760 (wordcounter)
Timeline: Ambientata due giorni dopo questa.
Disclaimer: L'ambientazione appartiene a Chibi e Miz'ri appartiene a Kagé_Dark.
Note: Gen, Violence
«Puoi smetterla di giudicarmi soltanto per il mio corpo?» esclamò Ninnuus in tono piccato e infantile, gonfiando le guance paffute «So di… di essere grasso. Ho gli occhi... e funzionano bene!» proseguì con la stessa voce «M-ma so anche fare qualcosa oltre a “essere grasso”!».
La risposta colse completamente in contropiede Miz’ri, che rimase a fissarlo attonito per quella improvvisa dimostrazione di coraggio e… dignità? Orgoglio? Era davvero in grado di manifestare anche quel genere di atteggiamenti?
Se non altro, adesso era emotivamente coinvolto nel discorso e il Drow colse la palla al balzo: incredibile ma vero, lo preferiva in versione lamentosa piuttosto che completamente indifferente. Era molto meno noioso.
«Davvero?» Miz’ri intrecciò le braccia sul petto, rivolgendogli un sorrisetto arrogante «E che cosa? Lamentarsi non conta come risposta».


Erba, verde e florida. Ovunque Miz’ri volgesse lo sguardo, i suoi occhi si posavano su un’infinita e monotona distesa d’erba. Non c’era paragone con il mare: l’odore salmastro dell’acqua che s’infrangeva contro la chiglia della nave, cullandola nel suo lento procedere attraverso l’oceano. Il mare era volubile, come una donna capricciosa che si divertiva a giocare con le vite dei marinai che osavano sfidare il suo dominio. Miz’ri era un uomo pragmatico e non gli piaceva la concezione del mondo come di un teatrino di burattini alla mercé delle divinità; tuttavia, il pensiero di mettere in gioco la propria vita ogni volta che metteva piede su una nave lo elettrizzava. Era come se trovasse un senso alla sua vita solo quando era in pericolo.
Un prato invece era piatto, tristemente uguale a sé stesso in ogni dove e soprattutto assolutamente innocuo. Avrebbe preferito dover attraversare una giungla o una palude se proprio doveva essere costretto a spostarsi nell’entroterra anziché riprendere il mare, almeno avrebbe avuto qualcosa con cui intrattenere la sua attenzione.
In quel modo aveva soltanto due cose da guardare: il prato che si estendeva fino all’orizzonte attorno al sentiero di terra battuta che stava percorrendo oppure la grossa schiena di Ninnuus, che guidava il cammino a poco più di un metro da lui.
Erano passati due giorni dal recupero del suo prezioso focus al porto di Trebelize, eppure Ninnuus sembrava ancora toccato dall’evento: era insolitamente silenzioso e quando era Miz’ri a cercare di intavolare una conversazione, reagiva con bizzarri scatti nervosi e limitava le risposte allo stretto necessario.
Normalmente, il Drow sarebbe stato più che lieto di lasciarlo crogiolare nelle sue paranoie, dato che così sarebbe stato lasciato in pace. In quel frangente tuttavia, c’era da considerare che avevano un viaggio da affrontare insieme e paradossalmente era ancora più insopportabile quando non era nel pieno delle sue facoltà rispetto a quando lo tormentava con esibizioni spudorate di mancanza di spina dorsale.
Annoiato dalla tranquilla e sicura passeggiata, Miz’ri roteò gli occhi verso il cielo ed esclamò: «Sei sicuro che stiamo andando nella direzione giusta, vero?».
Vide le orecchie pelose del Firbolg vibrare e sollevarsi leggermente nel momento in cui parlò; ciononostante, la sua risposta giunse con alcuni secondi di ritardo.
«Sono in grado di orientarmi anche se non sono di qui...» rispose con un sospiro pesante, abbassando le orecchie e poi riportandole a mezz’asta con uno scatto «I punti cardinali sono gli stessi ovunque».
L’ultima frase fu pronunciata con un tono apatico al quale ormai Miz’ri avrebbe dovuto essersi abituato e che invece continuava ad infastidirlo terribilmente. Avrebbe voluto prenderlo a pugni in faccia fino a farlo piangere - obiettivo che non reputava affatto difficile da raggiungere - ma poi probabilmente sarebbe stato ancora peggio sopportarlo.
«Non ho voglia di perdere altro tempo prezioso in questo dannato campo» rifletté mentre con uno sforzo eroico si imponeva un ferreo autocontrollo alla rabbia.
«Ovviamente, non c’è bisogno di dirlo» replicò con una punta di stizza il Drow, sollevando le braccia in aria per poi piegarle e intrecciare le mani dietro la testa. Un sorrisetto cattivo gli increspò le labbra mentre aggiungeva: «Non mi aspettavo che uno come te riuscisse a reggere un ritmo di viaggio così sostenuto…».
I suoi occhi rimasero fissi sulle orecchie di Ninnuus, che alle sue parole si drizzarono all’istante. Ormai aveva capito che bastava guardare quelle per capire buona parte delle sue reazioni.
«Insomma, grasso come sei credevo che ti saresti stancato diverse ore fa…!» continuò imperterrito.
Stavolta le sue orecchie rimasero tese all’insù senza muoversi e Miz’ri si chiese se l’avesse sentito o se avrebbe dovuto insultarlo ulteriormente per ottenere qualcosa, ma non fu necessario: Ninnuus si piantò in mezzo alla strada e si volse a guardarlo. Aveva le sopracciglia corrugate e l’espressione a metà tra l’arrabbiato e il depresso. Gli occhi erano lucidi.
«Cazzo» fu l’unico commento che Miz’ri riuscì a formulare tra sé e sé. Sperava di riuscire a smuoverlo dalla sua irritante apatia, ma non aveva fatto i conti con la ridicola suscettibilità del suo compagno di viaggio e il suo pianto facile.
«Puoi smetterla di giudicarmi soltanto per il mio corpo?» esclamò Ninnuus in tono piccato e infantile, gonfiando le guance paffute «So di… di essere grasso. Ho gli occhi... e funzionano bene!» proseguì con la stessa voce «M-ma so anche fare qualcosa oltre a “essere grasso”!».
La risposta colse completamente in contropiede Miz’ri, che rimase a fissarlo attonito per quella improvvisa dimostrazione di coraggio e… dignità? Orgoglio? Era davvero in grado di manifestare anche quel genere di atteggiamenti?
Se non altro, adesso era emotivamente coinvolto nel discorso e il Drow colse la palla al balzo: incredibile ma vero, lo preferiva in versione lamentosa piuttosto che completamente indifferente. Era molto meno noioso.
«Davvero?» Miz’ri intrecciò le braccia sul petto, rivolgendogli un sorrisetto arrogante «E che cosa? Lamentarsi non conta come risposta».
Vide le sue gote tingersi di una vivace sfumatura violacea mentre i suoi occhi dardeggiavano di risentimento. Aveva evidentemente toccato un nervo scoperto.
«So cucinare» esordì il Firbolg con voce curiosamente risoluta.
«Be’, per forza. Dubito che ti accontenteresti di mangiare le quantità di una persona normale...» lo rimbeccò il Drow.
«Sono in grado di sopravvivere negli ambienti selvaggi» aggiunse l’altro, serrando leggermente la presa sul suo bastone.
«Oh certo… in mezzo a branchi di cerbiatti e lepri, brucando l’erba» lo canzonò Miz’ri.
Le nocche di Ninnuus sbiancarono per la forza con cui serrò le dita sul bastone.
«So orientarmi a terra, cosa che a te invece non riesce visto che stai facendo guidare me!»
«Soltanto di giorno, con le stelle sono perfettamente in grado di arrangiarmi».
Le orecchie di Ninnuus cominciarono ad abbassarsi.
«S-so… so… ehm… cacciare… » lo sguardo del Druido si spostò di lato, evitando quello del suo interlocutore nel pronunciare l’ultima parola.
«Beccato».
L’espressione strafottente e sarcastica di Miz’ri mutò di colpo in una più seria mentre esclamava: «Stai ancora pensando alla carneficina nel magazzino, vero? È per quello che sei così insopportabilmente silenzioso».
Le orecchie del Firbolg si appiattirono lungo i lati del suo collo mentre arretrava di mezzo passo, colto alla sprovvista dall’argomentazione.
«Non starai avendo degli scrupoli di coscienza, vero Ninnuus?» insistette il Drow, colmando la distanza tra di loro con poche brevi falcate «Quei balordi avevano il tuo prezioso focus, con quella pigna che ti ha portato il tuo elementale. Ti hanno lasciato morente per strada. Quando ne hanno avuto l’occasione, hanno cercato di ucciderti una seconda volta».
Ad ogni frase Miz’ri accorciava sempre di più le distanze con il viso di Ninnuus. I suoi occhi erano fissi nei pozzi ambrati dell’altro, in cerca di quella scintilla di terrore che avrebbe sancito la sua sconfitta. Vide le lacrime arrivare e tracimare, andando a rigargli le guance.
«Se non li avessimo uccisi nessuno ti avrebbe restituito il tuo f...» continuò il Drow con tono di sadico divertimento, ma Ninnuus lo spinse via da sé bruscamente, interrompendolo.
«Non si meritavano di morire così!» urlò all’improvviso, con voce stridula e incrinata, guardando verso l’altro con cipiglio triste e smarrito «Non uccisi da me. Non… mangiati vivi...».
Nel dirlo si accasciò sul selciato, guardando dal basso verso l’alto Miz’ri.
«Non… so controllarmi quando riesco a trasformarmi in animale. Non so neanche davvero farlo a comando!» le lacrime gli inondarono il viso paffuto «Eppure quando succede ricordo sempre esattamente tutto quello che ho fatto! E non riesco a togliermi dalla testa… tutte quelle grida… e-e il sangue… non volevo fare male a Mordula… i-io... mi dispiace...».
Ecco il vero Ninnuus, in tutto il suo patetico splendore.
Miz’ri sospirò e levò gli occhi al cielo: era riuscito a fargli vuotare il sacco su cosa lo affliggeva in quel preciso momento, ma adesso il problema era farlo smettere. Era dannatamente bravo a farlo piangere, non poteva negarlo, ma consolarlo era tutto un altro paio di maniche.
«Non volevo che succedesse, m-ma il mio focus lo avevano loro e-e-e…» il Firbolg fece una pausa per tirare su rumorosamente col naso «Senza quello non sono capace nemmeno di lanciare i miei incantesimi...».
Il Drow sgranò gli occhi, colpito dalle sue parole come da un fulmine a ciel sereno. Si chinò lesto su di lui e gli afferrò con una mano le guance, serrando la presa sulla pelle umida. Era una posizione scomoda, ma così facendo ottenne al tempo stesso la sua attenzione e di zittirlo, il che compensava ampiamente la noia.
Adesso tutto gravava sulle sue spalle. Aveva solo una possibilità per calmarlo e stava a lui cercare le parole migliori per farlo. Se avesse sbagliato avrebbe potuto condurre la situazione verso qualcosa di ancora peggiore.
«Ricordi la domanda che ti ho fatto prima? Riguardo a ciò che sai fare?» esordì con il tono più accondiscendente e pacato possibile.
Ninnuus annuì con un frenetico cenno del capo, le guance doloranti per i polpastrelli che aveva infilati nella parte molle sotto gli zigomi.
«Be’, tu sei un incantatore!» esclamò Miz’ri, come se avesse appena fatto la scoperta del secolo «Mentre io di magia non ne so nulla!» aggiunse, liberandolo di colpo dalla sua presa.
Ninnuus lo guardò come se fosse impazzito.
«C-cosa…?» mormorò quest’ultimo, enormemente confuso dalle sue parole. Non ne capiva il senso nel contesto attuale.
Senza perdersi d’animo, Miz’ri insistette. Tirare su di morale gli altri non era annoverabile tra le sue doti, ma si sforzò di risultare il meno sarcastico possibile.
«Io non sono capace di fare magie. Tutto quello che faccio è utilizzare la violenza sulla mia vittima fino a che non muore. O sviene. O entrambe» il Drow si assicurò di rallentare il ritmo della voce, per far sì che ogni parola si imprimesse bene nella mente del suo piagnucolante interlocutore «Quindi finché siamo insieme non c’è bisogno che tu ti avvicini a qualsiasi pericolo si presenti. Io vado ad ucciderlo, tu stai indietro e fai le tue cose magiche di fuoco… o altro. Al sicuro e senza bisogno di trasformarti. È perfetto, no?».
Ninnuus continuò a fissarlo per qualche secondo con perplessità, poi le sue sopracciglia aggrottate iniziarono a distendersi e la sua espressione assunse una sfumatura ancor più innocua e inerme - se possibile - mentre si asciugava le lacrime tirando su col naso un’ultima volta.
«Da-davvero…?» domandò esitante «N-non devo più…?».
«So cavarmela da solo in mischia. L’hai visto» Miz’ri si batté con fierezza un pugno sul petto muscoloso «Tu preoccupati solo della tua magia!» e così dicendo gli tese una mano.
Le orecchie di Ninnuus si drizzarono con tanta energia che parvero rimbalzare contro i suoi capelli nell’impeto dello scontro. L’idea di non doversi più preoccupare di utilizzare la sua dote di mutaforma lo mandava evidentemente su di giri.
Afferrò la mano di Miz’ri e si issò di nuovo in piedi, scuotendosi la polvere dalle ginocchia e dalla tunica.
«Adesso, sei in grado di fare strada verso l’interno… quindi procedi!» soggiunse il Drow, e stavolta il suo tono era più scocciato e di rimprovero che d’incoraggiamento vero e proprio.
Ninnuus non se la prese a male: con il suo bastone ben stretto al petto e le orecchie che si agitavano al ritmo del suo stesso entusiasmo, il Firbolg gli regalò il più largo e ingenuo sorriso dacché si erano conosciuti.
«Sì, sì! Di qua!» disse, la voce un’ottava più alta del suo solito, incamminandosi con passo svelto lungo il sentiero.
Miz’ri tirò un lungo sospiro di sollievo: era andato tutto nel migliore dei modi. Il suo malsano entusiasmo avrebbe presto iniziato a dargli sui nervi in sostituzione dell’atteggiamento scostante e apatico, ma tutto sommato era più abituato ad averlo tra i piedi in quello stato che non nel precedente.
Quello che continuava a sorprenderlo era la sua resistenza fisica: aveva visto quanto era sovrappeso, e normalmente l’essere grassi comportava difficoltà nelle prove fisiche. Si aspettava che si fermasse da un momento all’altro rantolando senza fiato, e invece Ninnuus proseguì di buona lena fino a che il sole non fu alto nel cielo, vicino allo zenith.
Solo allora iniziò a rallentare, ma soltanto perché il sentiero svanì dinanzi a loro, inghiottito da un bosco. Per essere così circoscritto come pareva, appariva dannatamente buio e fitto. Come se ciò non bastasse a mettere in soggezione il povero Ninnuus, il limitare esterno presentava una vegetazione davvero rigogliosa e intricata. Con la sua robusta costituzione, probabilmente avrebbe avuto qualche difficoltà nelle parti più interne.
«Dobbiamo attraversarlo presumo» constatò Miz’ri senza alcuna inflessione particolare nella voce.
«Già, la direzione che mi hai indicato è direttamente oltre» Ninnuus allungò un braccio dritto davanti a sé per rafforzare visivamente la sua affermazione «Spero non sia molto grande...».
«Sai sopravvivere nei luoghi selvaggi, no?» lo prese bonariamente in giro l’altro, dandogli una blanda gomitata nel fianco «Sarà una passeggiata, vedrai».
L’altro gli rivolse un tenue sorriso esitante che scomparve immediatamente dal suo viso quando un forte e cupo rumore simile ad un ringhio si levò a spezzare il silenzio.
Miz’ri preparò gli artigli sulla mano destra mentre un ghigno di sadica aspettativa gli distorceva il volto.
«Finalmente qualcosa con cui divertirmi…!» commentò.
«Ehm… q-quella non era una bestia...» intervenne il Firbolg con la voce ridotta quasi ad un sussurro.
All’occhiata confusa e irritata che gli venne lanciata, Ninnuus spiegò: «Era il mio stomaco».
Le sue guance erano diventate viola dalla vergogna e a Miz’ri occorsero alcuni secondi per realizzare che era stata davvero la pancia del suo compagno l’origine di quel rumore minaccioso.
«Non ci posso credere...» fu tutto ciò che riuscì a dire, massaggiandosi il ponte del naso in un tentativo di raccogliere tutta la sua poca pazienza.
«Non abbiamo mangiato nulla da quando siamo partiti questa mattina…!» si difese l’altro con voce acuta, ancora imbarazzato «Non… possiamo fermarci per mettere qualcosa sotto i denti prima di proseguire?» domandò speranzoso.
«E che cosa vorresti mangiare?» replicò in tono ben poco accondiscendente Miz’ri, appuntandosi le mani sui fianchi e fissandolo in attesa di proposte «Vuoi davvero mangiare delle banali razioni?».
La smorfia di disgusto che si dipinse istantaneamente sul volto del suo accompagnatore fu una risposta più che sufficiente. A Ninnuus non piacevano le razioni da viaggio: le trovava insipide e per niente soddisfacenti. Certo, come ultima risorsa in caso di emergenza se ne sarebbe fatto una ragione, ma lì erano in prossimità di un bosco. Come ben sapeva - purtroppo o per fortuna - era in posti come quello che era più facile procurarsi della selvaggina da cucinare… sempre ammesso di essere in grado di abbatterla.
Miz’ri sembrava più che mai in grado di sopperire alle lacune di Ninnuus nella caccia, il che per quest’ultimo significava non dover rivivere il terrificante periodo che aveva seguito il suo esilio dal Clan.
«Uhm… vediamo se c’è qualcosa nel bosco?» azzardò il Druido, abbozzando un sorrisetto colpevole mentre si sforzava di allontanare i ricordi spiacevoli dei mesi solitari trascorsi nella foresta.
«Speriamo di incappare in qualche bestia in fretta, prima che tu decida di cercare di mangiare me» sospirò il Drow, entrando nel bosco per primo.
«A-aspettami! Posso trovare delle tracce se mi lasci guardare!» protestò Ninnuus, correndogli appresso per paura di essere lasciato indietro da solo.
«E allora muovi quel culone, altrimenti ti lascio qui!» commentò spazientito l’altro, fermandosi poco più avanti ad aspettarlo.
Il Firbolg si affrettò a raggiungerlo, quindi si prodigò nel rintracciare segni della presenza di fauna commestibile. Miz’ri fu positivamente colpito dalla meticolosa attenzione con cui studiava l’ambiente circostante: sondò le cortecce degli alberi, i cespugli di rovi e il terreno senza indugi e con espressione concentrata. Il fatto che stesse evidentemente ispezionando punti specifici diede al Drow l’impressione che non fosse la prima volta che lo faceva.
«Forse davvero è riuscito a sopravvivere nella natura selvaggia...» si ritrovò a commentare tra sé e sé, scettico.
Si immaginò Ninnuus alle prese con delle bestie feroci, tipo orsi e simili. Era abbastanza alto e grosso perché la scena non risultasse totalmente assurda, ma solo a livello puramente estetico: fifone come era, Miz’ri non riusciva a crederlo in grado di compiere una simile impresa. Ciononostante, la realtà dei fatti sembrava comunicargli esattamente l’opposto: il Druido che camminava avanti a lui sapeva il fatto suo.
«Sono sobrio da troppe ore per riuscire a sopportare tutto questo...» rifletté, passandosi esasperato una mano sul viso.
Durante la ricerca, lo stomaco di Ninnuus si produsse in una vasta gamma di rumori che, dato il luogo, furono difficili da distinguere da quelli di un predatore. Il diretto interessato cercò di ignorare la cosa, benché le sue guance perennemente paonazze dicessero il contrario.
Miz’ri smise ben presto di allertarsi per ogni gorgoglio della sua pancia, snervato dal fatto che la sua trepidante attesa di una lotta all’ultimo sangue per la sopravvivenza sfumasse puntualmente nel nulla. Era un po’ come essere interrotto nel momento dell’orgasmo, anche se tenne per sé il paragone: era sicuro che Ninnuus non avesse l’esperienza necessaria per capire quanto la cosa fosse frustrante.
«Ho trovato un’orma…!» esclamò all’improvviso quest’ultimo, chinandosi su una zolla di terreno molliccio in parte coperta da un fitto cespuglio. In quel momento, l’ennesimo brontolio eruppe dal suo addome, strappando un sospiro al suo accompagnatore.
«Spero che sia fresca...» gemette il Drow, scoccandogli un’occhiata stanca. Nel far ciò vide distintamente la figura di Ninnuus tremare sul posto e le orecchie roteare a mezz’asta, come impazzite.
«Che c’è adesso…?» domandò Miz’ri, non capendo cosa gli stesse accadendo.
«Q-quello… non era il mio stomaco...» rispose il Firbolg, voltando lentamente la testa all’indietro per guardarlo. Nel fare ciò le sue orecchie si appiattirono di colpo sul collo e i suoi occhi ambrati si dilatarono, pieni di panico, appuntandosi ben più in alto di quelli del Drow.
Quest’ultimo si irrigidì per un momento, trattenendo il fiato mentre lasciava che la rabbia fluisse dentro di lui. Si era talmente abituato a sentire il rumore dello stomaco di Ninnuus da non accorgersi che qualcosa gli era arrivato alle spalle. Come poteva essere stato così idiota da abbassare la guardia a causa sua?
Adesso che i suoi sensi erano in allerta lo sentiva: i lenti passi di qualcosa di grosso che si avvicinava alle sue spalle. Percepiva l’odore di pelliccia umida e il leggero, ritmico alternarsi dei suoi respiri.
Ninnuus cadde seduto a terra, completamente rivolto verso Miz’ri, tremante come una foglia. Il suo sguardo non riusciva a staccarsi dall’imponente figura scura di un orso bruno che avanzava sulle zampe posteriori alle spalle del suo compagno, le fauci spalancate e le zampe anteriori leggermente aperte, come a voler stritolare il corpo tonico ma snello di Miz’ri in una presa mortale.
Le sue labbra presero a vibrare nel momento in cui realizzò che sarebbe dovuto intervenire e cercare di lanciare un incantesimo di qualche tipo per fermarlo o attaccarlo, ma il suo cervello si rifiutava di ragionare. Nella sua mente campeggiava un solo ricordo, distorto dal tempo e dalle emozioni che gli suscitava: un altro orso, circa delle stesse dimensioni ma a chilometri di distanza da quel bosco, che lo sovrastava nel tentativo di scacciarlo dal suo territorio. L’immagine sfumò in una serie indistinta di versi accompagnata dal sapore metallico e inconfondibile del sangue mentre Ninnuus, nella sua forma bestiale di lupo, affondava le zanne nel collo peloso, dilaniando la giugulare e masticando la carne cruda e pelosa.
La nausea gli attanagliò le viscere. Il ricordo benché lontano nel tempo di quattro lunghissimi anni, in quel momento gli risultò più vivido che mai. Era come se quella scena orribile si fosse consumata solo il giorno prima.
Una parte separata del suo inconscio registrò quello che stava avvenendo nella realtà: Miz’ri attese pazientemente che il loro aggressore si facesse dappresso, quindi da preda si tramutò in cacciatore. Sfoderò gli artigli e si voltò di scatto, imprimendo tutta la forza della rotazione nel suo braccio destro mentre conficcava le falangi armate nello stomaco dell’orso.
Per Ninnuus fu come guardare attraverso gli occhi di un’altra persona mentre il Drow ingaggiava l’orso a mani nude. La scena presente e quella impressa nella memoria del Firbolg cozzarono tra loro con violenza tale da mandarlo in tilt: paralizzato sul posto, il Druido cominciò a piangere e a rantolare rumorosamente, vittima di un improvviso attacco di panico. Aveva lavorato così tanto per cercare di seppellire quelle memorie lontano dalla sua attenzione, relegarle dove non sarebbero più potute tornare a tormentarlo, e adesso tutto si stava ripetendo davanti a lui: la caccia, il sangue, l’orso che cercava di avere la meglio su chi era entrato deliberatamente nel suo territorio, la selvaggia guerra per la sopravvivenza.
Senza neanche esserne pienamente consapevole si mosse di scatto, alzandosi e scappando attraverso la vegetazione, lontano da quel passato che si ostinava a fuggire dalla sua prigione per tornare a perseguitarlo.
Il Drow registrò la sua fuga e si disse sollevato, dato che in quel modo non doveva preoccuparsi di fargli da baby-sitter e proteggerlo. Adesso poteva sfogare tutta la sua frustrazione repressa senza trattenersi.
Ninnuus corse per qualche minuto, senza fermarsi e senza deviazioni. Andò dritto, facendosi largo tra l’erba e i cespugli, finché non inciampò in un rampicante e finì lungo disteso a terra. L’impatto gli spezzò il fiato, ma allo stesso tempo lo indusse a tornare in sé.
Confuso e impaurito, si guardò attorno mentre si rialzava, in cerca della figura familiare del suo compagno.
«M-miz?» chiamò con voce flebile, temendo di attirare qualche pericolo se avesse parlato troppo forte. Ovviamente non ricevette risposta.
Era arrivato in una piccola radura cinta di cespugli e alberi soffocati nei rampicanti. L’erba era stranamente bassa in quella zona, e il Druido temette di essere capitato in un punto utilizzato come bivacco dai cacciatori o da chissà chi altro. I suoi timori si dissiparono quando, ad un’analisi più attenta, notò che al centro del prato cresceva un piccolo cespuglio solitario pieno di fiori di un accattivante viola acceso.
Il colore era singolare, così come l’aspetto della corolla, composta da sei petali strutturati a mo’ di ali. I fiori erano raccolti in grappoli da tre o quattro ciascuno raggruppato attorno ad un singolo rametto su cui cresceva un frutto globoso scuro che ricordava per aspetto una grossa albicocca nera.
Ninnuus rimase ad osservare la pianta per diversi istanti, meravigliato, per poi avvicinarsi lentamente con espressione incredula. Da piccolo non aveva avuto molte occasioni per uscire da casa a causa della sua un tempo fragile costituzione, per cui si era ritrovato con moltissimo tempo libero che aveva dedicato interamente allo studio. Oltre all’apprendimento della magia, si era interessato anche di botanica, dato che sua madre era tra gli erbalisti più competenti del suo Clan.
Tra le innumerevoli piante di cui aveva letto si annoverava anche quella che adesso si trovava a guardare dal vivo, anche se era la prima volta che ne aveva esperienza diretta. Il fatto che attorno ad essa non ci fosse vegetazione rigogliosa come nel resto del bosco non faceva che rafforzare la sua convinzione riguardo la sua identità: rammentava chiaramente come nel libro fosse specificata la sua “aggressività” nei confronti delle altre piante per la supremazia sul territorio e per i nutrienti del terreno.
Ricordava anche che data la quantità di risorse che consumava sviluppandosi, i suoi frutti risultavano molto ricchi di nutrienti a dispetto dell’apparenza poco rassicurante - una tattica per dissuadere gli animali dal raccoglierli e mangiarli.
Il Firbolg si leccò le labbra mentre coglieva uno dei frutti, accarezzando la buccia leggermente pelosa con i polpastrelli. Se lo strofinò sulla tunica e poi gli diede un morso, la bocca già inondata di saliva al pensiero di mettere finalmente sotto i denti qualcosa.
I denti affondarono senza incontrare difficoltà, arrivando in fretta ad assaporare la polpa. Il primo sapore che percepì fu quello del succo, dolce oltre ogni immaginazione. Poi venne quello della polpa vera e propria, molto meno d’impatto ma con un retrogusto amarognolo. La consistenza era morbida e porosa e dava l’idea di un frutto molto leggero.
Ninnuus si leccò le dita umide e appiccicose, sedendosi a terra accanto al cespuglio per spogliarlo dei suoi frutti e dare finalmente sollievo al suo stomaco vuoto. Mangiare contribuì a placarlo, facendogli dimenticare ciò che si era lasciato con tanta sollecitudine alle spalle.
Non molto tempo dopo, quando percepì un rumore di fogliame spostato alle sue spalle, si volse con l’espressione più innocente del mondo a vedere cosa stesse sopraggiungendo. Strabuzzò gli occhi vedendo Miz’ri arrivare pian piano in tutta tranquillità, pieno di sangue dalla testa ai piedi, con il cadavere dell’orso appoggiato su una spalla.
Vide Ninnuus seduto a terra, con la bocca sporca di qualcosa di liquido e traslucido e le guance gonfie di cibo.
«Questo spiega perché non l’avevo ancora sentito urlare come una femminuccia spaventata» commentò il Drow tra sé, avvicinandosi.
Gli occhi del Firbolg lo passarono rapidamente in rassegna, individuando senza alcun problema diverse ferite che avevano bisogno di essere medicate. Non erano gravi per fortuna, ma l’ultima cosa che voleva era che peggiorassero per una sua carenza di attenzioni. Si issò dunque in piedi e gli si avvicinò, pulendosi le mani sporche sulla tunica e leccandosi le labbra, quindi allargò le braccia e gli andò incontro.
Miz’ri finì nel suo abbraccio, la faccia premuta gentilmente contro il suo petto non proprio morbidissimo: sentiva attraverso gli strati di stoffa che al di sotto indossava ancora la sua ridicola armatura di cuoio. Lo sentì strofinare una guancia ispida contro i suoi capelli, la stessa che aveva visto schizzata di succo.
Sollevò lentamente un braccio, estraendo gli artigli e puntandoli verso la schiena del Firbolg, ansioso di vedere con quanta facilità sarebbe riuscito a strappargli la spina dorsale dal corpo per aver osato accostare la sua sudicia faccia ai suoi splendidi capelli bianchi.
Stava per avviare il suo grottesco esperimento quando percepì distintamente l’aria attorno a loro crepitare e le ferite che si era procurato - e che ancora gli dolevano - rimarginarsi del tutto.
Immaginò che fosse opera del suo compagno, ed anche la ragione di quel rivoltante abbraccio.
«È… ancora utile» constatò Miz’ri tra sé, appellandosi a tutto il suo autocontrollo per ritrarre gli artigli e abbandonare i suoi propositi omicidi.
Ninnuus si separò da lui, lasciandolo libero.
«Era necessario l’abbraccio?» chiese il Drow con fare scocciato, prima di riuscire a trattenersi.
Il Firbolg arrossì leggermente.
«N-non posso farlo?» domandò per contro, in evidente difficoltà «L-lo trovo… ehm… piacevole».
Se fosse stata una persona normale a rispondergli in quel modo, probabilmente Miz’ri l’avrebbe mandata al tappeto con un pugno dritto in mezzo alla faccia. Per Ninnuus, visti tutti i problemi di cui era portatore, era disposto a fare un’eccezione.
«Solamente per le cure. Non farci l’abitudine» puntualizzò in tono risoluto, prima di depositare l’orso a terra «Visto che ti stavi già rimpinzando da solo, questo immagino non serva più a te...».
«Era solo frutta» replicò offeso Ninnuus «Posso mangiare anche della selvaggina».
Dal modo di porre il discorso sembrava essere stato punto sul vivo dall’allusione - quanto mai sbagliata e addirittura inesistente - al fatto che non avesse spazio nello stomaco per altro cibo.
Miz’ri scrollò le spalle, per niente intenzionato ad approfondire il discorso. Estrasse la sua accetta e la porse al Druido.
«Allora mettiti al lavoro, o di questo passo l’orso diventerà la nostra cena!».
Ninnuus si inginocchiò a terra, accanto al cadavere, e cominciò a macellarlo. Come con le arpie morte sulla nave, non sembrava particolarmente impressionato dal sangue che macchiava la pelliccia e le ferite, almeno laddove non ce ne era troppo. Evitò con circospezione l’apertura sul ventre, nel punto in cui Miz’ri era riuscito a conficcare gli artigli e lacerare la pelle, facendo riversare all’esterno parte delle interiora.
L’operazione richiese un po’ di tempo date le dimensioni della preda e Miz’ri si ritrovò ben presto ad annoiarsi. Pensò che potesse essere una buona idea andare intanto a raccogliere dei ramoscelli per accendere un falò, ma il recente ricordo della reazione del suo compagno nel trovarsi dinanzi ad una bestia feroce lo dissuase dal proposito. Se fosse stato attaccato mentre lui era lontano era certo che non ci avrebbe pensato due volte ad abbandonare la preda per mettersi in salvo, vanificando i suoi sforzi nell’ottenere qualcosa di buono da mangiare nell’immediato futuro.
Decise allora di tenersi impegnato in altro modo: si avvicinò al cespuglio alle spalle di Ninnuus e cominciò ad esaminarlo. Non era un grande esperto di piante, non bazzicando molto di frequente la terraferma; tuttavia, gli sembrò curioso che il Firbolg stesse mangiando con tanta tranquillità un frutto con la buccia nera che cresceva circondato da fiori viola. Se c’era una cosa di cui era sicuro, era che i meccanismi di difesa delle piante funzionavano allo stesso modo di quello delle bestie più indifese: apparire pericolose il più possibile per essere lasciate in pace.
Peccato che per le piante spesso e volentieri la cosa si traduceva anche nella produzione di sostanze velenose come ulteriore mezzo di protezione.
«Ninnuus… che pianta è questa?».
Il Drow conosceva ormai abbastanza del suo compagno da sapere che se gli avesse fatto capire direttamente che poteva essersi inconsapevolmente avvelenato l’avrebbe mandato nel panico. Cosa ancora peggiore, sicuramente si sarebbe messo a piangere e supplicarlo, e per quel giorno Miz’ri ne aveva già avuto abbastanza.
Con assoluta nonchalance il diretto interessato ruotò la testa nella sua direzione mentre assestava un colpo secco sull’ultimo misero filamento di muscolo che tratteneva la coscia dell’orso all’anca. La poca delicatezza del gesto fece sì che del sangue gli macchiasse una guancia paffuta, ma Ninnuus non parve minimamente disturbato dall’incidente.
«Quello è un cespuglio di Blusìn» rispose, facendo un cenno verso la parte apicale della pianta, dove era concentrata la maggior parte dei fiori «È l’unica che ha quel bel viola sui petali e produce un frutto così scuro da sembrare nero. Inoltre, se guardi a terra, noterai che ha fatto piazza pulita di tutta la vegetazione competitrice… è una pianta gelosa delle sue risorse...».
Con una mezza risata, tornò ad occuparsi della macellazione.
«Se hai fame, intanto che finisco qui puoi assaggiare un frutto. Non sono proprio maturi, ma ci sono vicini. Soltanto, sappi che la polpa è veramente dolce» aggiunse, stavolta senza guardare il suo interlocutore.
Così facendo si perse l’espressione d’incredulità e stupore di Miz’ri, con ogni probabilità la prima e l’ultima che gli sarebbe capitato di avere per merito suo. Con gli occhi sgranati, il Drow rimase a fissarlo, incapace di accettare la realtà che lo aveva appena investito con la forza di un carro: Ninnuus conosceva qualcosa del continente. Non solo, ma non si era gettato sulla prima cosa commestibile che gli era capitata a tiro: aveva mangiato quella frutta perché sapeva di poterlo fare senza rischiare di morire.
«Sono veramente troppo sobrio per tutto questo» fu il primo pensiero coerente che Miz’ri riuscì a fare, subito prima di chiedere a voce alta: «L’hai già vista altrove?!».
«No» replicò semplicemente il Druido «Ne ho letto. Sai… in un libro» l’ultima puntualizzazione la fece con tono confuso, aggrottando le sopracciglia. Gli pareva strano il modo in cui l’altro gli aveva posto la domanda. Sembrava quasi non credergli, ma lui era assolutamente certo di aver identificato correttamente la pianta in questione.
Senza alcun preavviso venne colpito sulla nuca da Miz’ri, con violenza. Il contraccolpo lo fece sbilanciare in avanti e nella radura si udì lo schiocco inquietante di un osso dell’orso che si spezzava sotto la lama dell’accetta a causa del peso di Ninnuus.
«Ahio!» gemette quest’ultimo, massaggiandosi con la mano libera il punto leso, spalmandosi sangue e frammenti di carne cruda sul collo.
Sollevò lo sguardo verso l’altro, le orecchie basse e l’espressione piagnucolosa, ma quando stava per intercettare gli occhi di Miz’ri quest’ultimo abbaiò: «Lo so che cazzo è un libro!».
Ninnuus si ritrasse istantaneamente dal contatto visivo, tornando a fissare il cadavere sotto di sé.
«Quello che mi sorprende è che tu sappia che cazzo di pianta è quella!» soggiunse il Drow con altrettanta indignazione.
«Ho passato un sacco di anni a studiare la magia… ma anche botanica» si difese in tono mesto il Druido, continuando ad evitare il suo sguardo «Anche se tante piante non le ho mai viste dal vivo… nei miei libri c’erano anche delle figure oltre al testo…! Poi se non ti fidi di me… puoi anche non mangiarle».
L’ultima frase gli uscì con voce talmente sconsolata che riuscì a strappare un gemito di esasperazione a Miz’ri. Roteando gli occhi verso il cielo, si accomodò sul terreno vicino a lui a gambe incrociate e allungò una mano a cogliere un’albicocca nera. La osservò per alcuni secondi con una smorfia poco convinta, poi fece spallucce.
«Se lo dici tu che hai studiato che è commestibile...» si premurò di dire con tono di voce ben udibile, prima di addentare il frutto rumorosamente.
Le orecchie basse di Ninnuus si risollevarono mentre i suoi occhi scivolavano su di lui ed un sorriso timido ma pieno di gratitudine gli increspava le labbra.
Miz’ri si scoprì sorpreso di constatare che il frutto era davvero dolce come gli aveva anticipato il Firbolg. Non era un appassionato di cibi dolci, però cominciava anche lui a sentire un certo languorino e sembrava che Ninnuus ne avrebbe avuto ancora per un po’ prima di riuscire a cuocere quella dannata carcassa d’orso.
Rimasero lì seduti, uno accanto all’altro, per parecchio tempo. Miz’ri osservava distrattamente il suo compagno lavorare e quest’ultimo stava dando il meglio di sé per ricavare il massimo dal cadavere, buttando solo lo stretto indispensabile.
Nel corso della macellazione, il Drow notò che sempre più spesso il Druido si interrompeva per grattarsi in vari punti dalle spalle in su. Nonostante avesse molti tic curiosi che scattavano a seconda della circostanza, quello gli era del tutto nuovo.
«Tutto a posto? Continui a grattarti...» commentò ad un certo punto, notando una strana colorazione sul lato del suo collo.
«Ehm… ho fastidio intorno al collo» ammise imbarazzato Ninnuus, voltandosi verso di lui «Non credo sia niente. Comincia a fare caldo e il collo di pelo non è proprio...».
S’interruppe vedendo che l’espressione di Miz’ri era cambiata rapidamente quando lo aveva guardato in faccia.
«C-cosa? Perché mi guardi così?» domandò, allarmandosi subito.
Il Drow per un attimo fugace accarezzò l’idea di addolcire il messaggio, ma non trovando le parole giuste per farlo decise di andare per la cara vecchia e cruda realtà dei fatti: «Hai la faccia piena di puntini rossi».
«Come?!» esclamò Ninnuus con voce stridula, abbandonando l’accetta mezza affondata nella carne per toccarsi il viso, terrorizzato. In effetti, ora che ci faceva caso, sentiva la pelle che non era perfettamente liscia come al solito anche lontano dalla barba.
«E ce li hai anche sul collo, che è un po’ gonfio a guardarlo bene» aggiunse Miz’ri, toccandogli la nuca. Subito dopo il contatto, Ninnuus si portò una mano sul punto in questione e si grattò.
«Perché sono pieno di puntini?!» gemette con voce piagnucolante, slacciandosi il pellicciotto che aveva sulle spalle per allargare la tunica e guardarsi l’addome: lì sembrava che la reazione non fosse arrivata. Anche le mani erano normali.
«Sto morendo!» terrorizzato, il Firbolg guardò verso Miz’ri con una chiara richiesta d’aiuto negli occhi pieni di lacrime «Cosa faccio ora?! Non voglio morire!».
«Mi sembri troppo energico per uno che sta tirando le cuoia» osservò l’altro in tono pacato, al che il suo compagno si sporse verso di lui e tirò giù come poté il colletto della tunica per mostrargli i puntini che aveva sulle spalle e sulla zona immediatamente circostante la base del collo.
«E allora cosa sono tutti questi puntini rossi?!» urlò con voce stridula.
Il Drow si ritrasse di scatto vedendo la sua espressione maniacale, quindi gli tirò un ceffone.
«Calmati idiota! E non azzardarti a urlarmi in faccia di nuovo!» Miz’ri non era avvezzo a trovarsi in posizione di svantaggio in una conversazione, né tantomeno a vedersi trattare in quella maniera da chi probabilmente nemmeno aveva una spina dorsale vera.
Ninnuus rimase a fissarlo attonito, di colpo in silenzio, grattandosi nel punto che era appena stato colpito.
«Non stai morendo. Sembra piuttosto… una reazione allergica...» il Drow allargò gli occhi, colto da un’improvvisa illuminazione, quindi corrugò le sopracciglia e disse: «Mi hai garantito che quella frutta non era velenosa!».
Lo spinse via di getto, alzandosi in piedi in preda alla frustrazione.
«Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te!» ruggì Miz’ri, fissandolo con cipiglio carico di odio e rabbia.
Il Druido cadde seduto a terra violentemente, anche se buona parte dell’impatto venne attutito dalle sue chiappe morbide.
«I-io sono sicuro! Non è velenosa!» protestò in mezzo alle lacrime, ormai ogni briciolo di dignità buttato alle ortiche «È vero! Infatti sei ancora vivo! E sano!».
Fece un cenno generico nella sua direzione. Miz’ri in effetti si sentiva bene, e soprattutto non gli prudeva nessuna parte del corpo. Su quello non poteva dargli torto.
«E allora perché te hai la faccia piena di pallini rossi?!» brontolò, intrecciando le braccia sul petto, in attesa di un responso sensato.
Ninnuus deviò lo sguardo, a disagio, non sapendo bene che tipo di risposta dargli. Non aveva neanche lui idea del perché avesse sviluppato una simile reazione.
«Forse è colpa mia» ammise il Firbolg. Addossarsi la colpa di quasi ogni cosa succedeva a lui o a chi gli stava attorno era diventato talmente naturale che quasi non ci faceva più caso.
«Forse sono io che sono allergico alla pianta» aggiunse a mo’ di spiegazione «Non l’avevo mai mangiata prima, ma l’ho studiata e sono assolutamente certo che sia sicura. È-è l’unica spiegazione sensata...».
Miz’ri rimase a guardarlo intensamente per alcuni secondi, senza muovere nemmeno un muscolo, per poi rilassare la postura e appuntarsi una mano su un fianco. Con l’altra si massaggiò il ponte del naso, esasperato.
«Mi stai dicendo che la prima pianta che incontri appena arrivato sul continente, che per te è del tutto ignoto, ricordiamocelo, è una pianta a cui sei allergico» ricapitolò il Drow.
Ninnuus lo guardò con aria colpevole e dispiaciuta al tempo stesso, entrambe le mani adesso impegnate a vagare attorno al collo per grattarsi in vari punti.
«A… quanto pare» fu tutto ciò che riuscì a dire.
Messa in quei termini, chiari e concisi, l’intera faccenda appariva assurda ai livelli dell’improbabilità statistica su scala cosmica; tuttavia, avendo presente il soggetto in questione, la sorpresa di Miz’ri si ridimensionò alquanto.
Il fatto pareva concorrere a confermare il fatto che Ninnuus sembrava perseguitato dalla sfortuna. Se Miz’ri avesse avuto fede in qualcosa, avrebbe detto che in una vita precedente doveva aver commesso dei peccati talmente gravi contro qualche divinità da guadagnarsi una persecuzione lunga diverse reincarnazioni.
Appellandosi alla poca pazienza e all’ancor meno calma che gli era rimasta, il Drow domandò: «Hai qualcosa per occuparti dello sfogo?».
«Non con me...» sospirò triste Ninnuus «Ma siamo in un bosco. Forse troverò qualche pianta lenitiva mentre proseguiamo...».
«E il pranzo?» l’altro accennò alla carcassa ormai quasi del tutto smembrata.
Ninnuus osservò con espressione combattuta l’orso, poi si mosse carponi per tornare verso di esso.
«È solo un po’ di prurito, in fondo. Può aspettare» esclamò con una scrollata imbarazzata delle spalle, prelevando un paio di grosse fette di coscia e guardando verso l’altro esibendo un adorabile sorrisetto supplichevole che Miz’ri trovò personalmente stomachevole «Raccogli tu un po’ di legna? Non vorrei incendiare la radura non avendo qualcosa di circoscritto su cui cucinare...».
«È il primo commento sensato che ti sento fare da quando ti sei svegliato stamattina» fu tutto ciò ricevette in risposta, prima che il Drow gli desse svelto le spalle per inoltrarsi tra gli alberi in cerca di legna da ardere.
Glielo aveva chiesto lui. Se fosse stato attaccato mentre era via, non avrebbe avuto nessuna ragione di arrabbiarsi per essere stato lasciato in balia delle creature selvagge.

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